A PROPOSITO DI “Come si finanzia la Buona Scuola”
di Anna D’Auria (Dirigente Scolastico I.C. “Via Cassia Km 18.700″ di Roma)
L’articolo del Prof. Francesco Pastore “Come si finanzia la Buona Scuola” pubblicato su Learnig 4 il 26 febbraio (per andare all’articolo clicca QUI ), nell’ evidenziare lo stretto rapporto esistente tra PIL e declino del sistema scolastico italiano, avanza valide ipotesi che integrano quelle già presenti nella Buona Scuola per evitare sprechi e trovare risorse aggiuntive per l’attuazione del piano di riforma del Governo Renzi.
Tuttavia, con uno sguardo tutto interno al mondo della scuola, in relazione ai diversi aspetti affrontati nell’articolo, vorrei condividere queste osservazioni:
MOF – Certa la necessità di prevedere maggior investimenti, ma con vincoli precisi.
Tuttavia, in una prima fase e soprattutto alla luce delle scarse risorse, prima ancora di parlare di MOF, sarebbe necessario individuare le priorità strategiche per gli investimenti.
Alla Scuola è indispensabile:
- Garantire l’ordinaria attività scolastica attraverso: numero controllato di alunni per classe; sostituzione del personale assente; dotazioni tecnologiche e ambienti didattici in tutte le scuole; formazione obbligatoria del personale docente e ATA; figure di sistema soprattutto per i processi di inclusione scolastica; interventi di edilizia scolastica.
- Attivare sistemi di discriminazione positiva: dare di più alle scuole in difficoltà (risorse umane e materiali). Tali sistemi sono oggi stranamente lasciati alla capacità-volontà-motivazione delle singole scuole che devono presentare progetti -ad esempio Progetto Aree a rischio- per accedere a finanziamenti. Ma se l’area è a rischio (e gli indicatori ISTAT e del Ministero degli interni ce lo dicono) lo Stato può lasciare alla singola scuola l’esercizio della discrezionalità nell’attivare processi per il controllo e la riduzione della dispersione? Per l’accoglienza degli alunni stranieri? Per l’inclusione? Come si garantisce che tali obiettivi vengano riconosciuti, prima ancora che raggiunti, su tutto il territorio nazionale? Quali i criteri attraverso i quali l’ amministrazione valuta i progetti presentati dalle singole scuole autonome per l’accesso ai finanziamenti che finiscono con l’assegnare i fondi alla scuola più brava nell’elaborare un progetto, ma meno a rischio di altre? Elemento ultimo: nel Sistema Nazionale di Valutazione (Regolamento SNV approvato nel 2013) si prevedono più risorse alle scuole con migliori risultati. Stesso criterio applicato dall’ex Ministro Gelmini alle Università, con la differenza che i risultati delle scuole del ciclo dell’obbligo dovrebbero essere un prioritario interesse dello Stato per il diritto allo studio costituzionalmente da garantire e per lo sviluppo del Paese.
PON: nelle regioni che beneficiano del piano operativo nazionale si possono osservare 3 fenomeni: mancata richiesta di accesso ai PON per accidia delle singole scuole; progetti realizzati in una logica di mera economia e dono (= molto spreco); poche scuole hanno saputo capitalizzare i beni e i servizi acquisiti tramite progetti PON per realizzare un avvicinamento dei risultati scolastici agli obiettivi di Lisbona. Positiva allora la proposta di una diversa gestione.
SPRECHI E INDIVIDUAZIONE DEI CONTROLLI DALL’ALTO: l’idea di una spending review decentrata, sul modello anglosassone è auspicabile.
Per garantirla a livello locale è necessario mettere mano, una buona volta, alla riforma degli OO.CC. e prevedere l’obbligo per le scuole di rendicontazione sociale, dotandole di procedure, di modelli e di risorse.
L’accountability va operata nella singola scuola e nei territori coinvolgendo anche gli EE.LL. chiamati ad intervenire sulla garanzia del diritto allo studio. Quello che però ancora manca nel sistema scolastico italiano è la definizione dei LEP e una più chiara declinazione dell’Autonomia scolastica (poco o per niente realizzata dal DPR 275/99).
PRECARI: ancora una volta nella scuola sarà immesso personale senza un’ efficace forma di reclutamento- elemento prioritario e strategico per il funzionamento della scuola. Il richiamo è anche al CCNL che va velocemente rinnovato per una migliore sintesi tra difesa e tutela dei lavoratori e difesa della Scuola e dei suoi utenti . Va costruito un nuovo dialogo con le organizzazioni sindacali che permetta di collocare i diritti-doveri dei lavoratori, previsti dai contratti, in un’idea condivisa di Scuola e si eviti il rischio che la difesa di un elemento della relazione ne mortifichi l’altro.
SUPERARE MAASTRICHT: Ottima proposta quella del Professor Pastore di fare uscire dal computo degli indicatori di Maastricht i soldi usati per raggiungere i tre obiettivi di Lisbona: riduzione obbligo scolastico, aumento della percentuale dei diplomati e dei laureati, spesa in ricerca e sviluppo. E’ il miglior modo per l’Europa di investire nel capitale umano sottraendolo al destino del debito pubblico e dalla “colpa dei padri”.
ASL: L’alternanza scuola lavoro potrebbe rappresentare uno snodo centrale per la riqualificazione del sistema scolastico e per l’economia del Paese. Ma bisogna investire
- sulla professionalità dei docenti: lavorare per quali competenze? Nella cultura tout court ed in quella pedagogica in particolare ancora non è chiaro in molti di loro cos’è una competenza.
- sugli ambienti didattici e i curriculi di scuola
- sul dialogo con le imprese ( del tipo “Piano Rosetta” in vigore in Belgio già dal 2004).
RUOLO DEGLI STAKEHOLDERS E GOVERNANCE DELLA SCUOLA – Certo sarebbe utile e conveniente coinvolgere nella Scuola quanti sono direttamente investiti dai suoi risultati. Ma, prima ancora di poter aprire le scuole all’intervento a regime dei portatori di interesse, è fondamentale rafforzare la sua identità e il suo ruolo a partire dalla qualificazione delle professionalità interne. Va rotto il patto implicito nella scarsa retribuzione del personale/ distribuzione spesso a pioggia del MOF(rivendicata dalle OOSS in contrattazione) / scarse motivazioni e prestazioni professionali dei lavoratori della scuola e (di conseguenza) scarsi risultati scolastici.
Senza personale interno consapevole, motivato e preparato; senza processi interni di governance permessi da regolamentazioni chiare (il T.U. della scuola è fermo al 1994) e risorse umane e materiali; senza la realizzazione di un’idea chiara di servizio pubblico, la partecipazione di esterni corre il rischio di consolidare il già “io diviso” della scuola e aumentare la sua insicurezza ontologica.
CONSIDERAZIONI SULLA BUONA SCUOLA: Nonostante Renzi sia riuscito a rimettere nel dibattito politico-culturale la Scuola (e non è poco), si ha l’impressione che manchi ancora nelle menti dei politici un quadro complessivo e soprattutto organico sulla riforma della Scuola e che tutto si giochi ancora unicamente nella logica del risparmio della spesa pubblica.
Il rischio è che la Scuola Pubblica anche con Renzi (si pensi all’operazione assurda di Scuole Belle), dopo Bassanini, Moratti, Gelmini, Brunetta; la proposta di riforma della dirigenza della pubblica amministrazione (Dirigente scolastico escluso dalla dirigenza unica dello Stato); l’ultima Legge di Stabilità (che prevede la riduzione del personale ATA, la riduzione della copertura per supplenze docenti e ATA, la scomparsa dell’esonero e del semi-esonero per i vicari) dovrà vivere un ennesimo stadio del suo faticoso, incompleto, schizofrenico percorso identitario nelle mani del “truccatore di turno”.
Ad uscirne storditi, affranti e ancora più impotenti sono ancora una volta quelli che nella scuola pubblica vivono il senso profondo della sua funzione politico-sociale e culturale oltre che educativa e per questo ci lavorano da sempre.
C’è allora il rischio, che è quasi una certezza, che invece di “invertire la rotta” si continui a “navigare a vista”.