La valutazione della qualità della didattica universitaria
di Giunio Luzzatto (esperto di organizzazione didattica dei sistemi universitari)
La discussione sulla valutazione, mentre per ciò che concerne il sistema scolastico ha coinvolto fortemente l’opinione pubblica italiana (tests INVALSI, ma non solo), per quanto riguarda l’università si è sviluppata finora quasi esclusivamente nell’ambito degli addetti ai lavori, fatti salvi un po’ di superficiali riferimenti mediatici alla collocazione dei nostri Atenei in graduatorie internazionali (non analizzate però nelle loro premesse). Poiché, sia in Italia sia nel mondo, molto si sta muovendo al riguardo, ci sembra utile una sintetica presentazione degli svolgimenti in corso; per comodità di lettura, li individuiamo schematicamente in un insieme di punti, raggruppati per “livello” (globale, o europeo, o italiano).
La valutazione delle università e il dibattito internazionale su tale tema
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La valutazione delle università ha finora centrato l’attenzione soprattutto sui prodotti della ricerca, anche perché ritenuti più facilmente misurabili rispetto ad altri risultati delle loro attività. Conseguentemente, le più diffuse graduatorie internazionali (rankings) hanno al proprio fondamento solo la qualità della ricerca; ciò è vero anche quando entrano in gioco elementi diversi dai giudizi diretti su tale qualità (indicatori indiretti spesso utilizzati, quali i numeri di Premi Nobel o la stessa “reputazione”, sono infatti riconducibili al prestigio “scientifico”).
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Tale situazione è stata soggetta a giustificate critiche, poiché ignora altre “missioni” del sistema universitario, non meno rilevanti rispetto a quella della ricerca: l’impegno nella istruzione superiore, presente da sempre, nonché quello, emerso più di recente, relativo alla “terza missione” (capacità di svolgere un ruolo positivo nello sviluppo sociale, in particolare attraverso i rapporti con la realtà territoriale in cui un Ateneo è collocato)1.
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Per parte sua, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), impegnata da anni sulle tematiche dell’istruzione, sta sviluppando uno studio sull’insegnamento superiore “di qualità” (Quality Teaching in Higher Education). Una messa a punto dei relativi risultati è stata compiuta nella Conferenza “What works” on Fostering quality teaching in H. E. (Parigi, 8/9 aprile 2014); ivi, oltre allo svolgimento di considerazioni generali, sono stati presentati esempi di buone pratiche educative. Viene rilevato che la qualità dipende fortemente dalla capacità di responsabilizzare e di coinvolgere gli allievi (insegnamento student-centered).
Iniziative europee
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La riconosciuta insufficienza di valutazioni basate solo sulla ricerca ha determinato nuove iniziative. In particolare, la Commissione Europea ha sviluppato un progetto “multidimensionale”, U-multirank, al cui fondamento è la pluralità delle dimensioni lungo le quali le azioni di una università devono essere analizzate e successivamente valutate.
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Nella iniziativa intergovernativa europea (“Processo di Bologna”) per la costituzione della EHEA (European Higher Education Area) si registra inoltre, da tempo, un fortissimo impegno sui processi di valutazione relativi alla didattica, con le Linee Guida (European Standards and Guidelines, ESG) dell’ENQA, adottate nel 2005 a Bergen dai Ministri dell’Istruzione Superiore e recentemente revisionate (su aspetti tecnici, non nell’idea di base). Gli ESG considerano essenzialmente elementi di tipo qualitativo, e individuano come elemento iniziale, e fondamentale, del processo una forte capacità di autovalutazione da parte delle singole istituzioni formative; il miglioramento, obiettivo primario di ogni processo di valutazione, può infatti verificarsi solo se per conseguirlo operano i diretti responsabili dei programmi formativi. La valutazione esterna si inserisce in un secondo tempo, in dialogo con i rapporti di autovalutazione. Nelle procedure degli ESG non vi è alcun indicatore numerico, sicché eventuali utilizzazioni a fine di Ranking non solo non sono previste, ma non sono neppure possibili.
In Italia
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Nel dibattito sulla valutazione, alcune recenti prese di posizione di accademici italiani2, che contestano in radice l’idea stessa di valutazione delle università; queste non fanno alcun riferimento a quanto sopra richiamato, mentre considerano principalmente le azioni di valutazione della ricerca, obiettando in particolare alla utilizzazione di indicatori bibliometrici.
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In termini operativi, l’Agenzia Nazionale di valutazione (ANVUR) sta avviando procedure di accreditamento di Corsi di studio secondo uno schema -AVA (“Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento”)- derivante da ESG. Proprio per la natura qualitativa delle valutazioni in gioco, elemento centrale saranno le peer reviews che verranno compiute attraverso visite in loco.
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L’attuale Ministra Giannini, così come la precedente Ministra Carrozza, ha affermato in più occasioni che la valutazione delle università dovrà tener conto della didattica oltre che della ricerca. Ciò è indubbiamente positivo, ma richiede che venga affrontato un problema cruciale, evidenziato anche in sede OCSE: per ottenere un reale impegno dei docenti universitari in un rinnovamento della didattica, è indispensabile far sì che, ai fini delle loro prospettive professionali, non continui ad aver rilievo esclusivamente l’attività di ricerca. Occorre perciò che, a livello governativo, si passi dalle affermazioni a concreti atti amministrativi, anche per incentivare gli Atenei a compiere a loro volta, circa la propria docenza, scelte che vadano nella direzione indicata: in sede di reclutamento, richiedere titoli di qualificazione didattica, e ai fini della progressione in carriera valorizzare l’impegno didattico.