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Nessuna umana investigazione. La ricerca negletta

Nessuna umana investigazione. La ricerca negletta

di Emiliano Mandrone (Economista Isfol, Ente Pubblico di Ricerca, Responsabile Indagine PLUS)

L’Italia, co-presidente di turno della U.E, dedica l’anno 2014 al “ricercatore”. Predica bene ma dal 2009 gli stanziamenti per l’università sono scesi da 7,5 a 6,5 miliardi di euro all’anno, sono fuoriusciti 12.000 professori a fronte di 2.000 ingressi, il rapporto ricercatore/lavoratori è 1:370 (in Europa è 1:185), la quota del Pil dedicato alla ricerca non va oltre l’1,25% (lontano il 3% previsto dagli accordi di Lisbona). E si crea il paradosso per cui “contribuiamo ai finanziamenti della ricerca europea più di quanto riusciamo a prendere come Paese”. L’Italia per cogliere l’opportunità di Horizon 2020 – 15 miliardi per il 2014-2015, 80 entro il 2020 – deve cambiare logica: il fine non è usare i soldi europei ma farli fruttare.

Il pragmatismo uccide i sogni, come la tattica soffoca il gioco, come la mente frena i sentimenti. Per il futuro, l’Europa punta sulla fantasia, frutto dell’istruzione, educazione e ricerca. Nuove idee, nuovi prodotti, nuovi consumi, nuove energie, nuove possibilità. Una messa a maggese del sistema, per renderlo nuovamente fertile.

L’arte, la letteratura, il restauro, il turismo, le lingue, l’archeologia, la geologia, la filosofia, la matematica pura, la fisica teorica, ma anche le professioni sociali o pedagogiche, di cura dei giovani o degli anziani, non possono essere viste come “deboli” proprio in Italia. Come farle fiorire? Questa è la sfida: come creare lavoro nel nostro Paese con le sue ricchezze straordinarie ma apparentemente improduttive? Per farlo vanno invertiti i termini della questione: prima bisogna dare valore, dignità, fascino all’oggetto della professione, così dopo sarà facile, naturale, dare una retribuzione adeguata a questi lavoratori. Serve contro-informazione, una campagna pubblicitaria al contrario: se cerchi una ragazza, non comprarti una macchina sportiva, impara prima a parlare; se non hai un buon libro da metterci, cosa te la compri a fare una borsa di marca. Serve un cambio di mentalità, una rivoluzione copernicana, ovvero va ingannato il mercato, che spesso è iperbolico (strapaga un calciatore e sottopaga un fisico quantistico) e dare valore (sociale ed economico) direttamente all’arte, al patrimonio, alla musica, al territorio ecc. per ottenere indirettamente riconoscimento economico per chi lavora in quei contesti.

Ma, come sempre, è solo una faccia della medaglia. L’altra, la domanda, ovvero le imprese che assumono, applicano le tecnologie e fanno decantare il capitale umano che si forma in Italia, dove sono? Infatti, una volta dati per acquisiti il background familiare, il percorso scolastico e l’ambiente sociale, è l’ambito lavorativo che rappresenta l’habitat in cui agire le proprie competenze e trasmettere le proprie capacità. E questo ambiente va preparato. Se Galileo è l’emblema del genio assoluto e solitario, che rappresenta una discontinuità storica, un fenomeno che si è costruito da solo il cannocchiale con cui ha scoperto la Via Lattea. Al contrario, per trovare il Bosone di Higgs ci sono volute decine di anni, centinaia di persone e miliardi euro. Il primo ha dovuto combattere un ambiente ostile mentre i secondi sono il frutto dell’ambiente. La Silicon Valley, il distretto di Bangalore o il nostro triangolo industriale sono i terreni di cova per l’innovazione, sia per un piccolo contributo al progresso come per una soluzione rivoluzionaria.

Le performance, quindi, dipendono molto dal sistema e da ciò che contiene: l’investimento in R&S nel 2013 in EU27 era pari al 2% del PIL, in Germania, era il 2,80%, in Francia il 2,24% mentre in Italia si investe solo 1,25%. In Germania ogni 1.000 abitanti 6,7 sono addetti alla R&S, 6,1 in Francia e 3,7 in Italia. In Germania si registrano ogni milione di abitanti 275 brevetti all’anno, 134 in Francia e 78 in Italia. Infine, ogni 1000 abitanti tra i 20 e 29 anni, in Germania 14 sono laureati in discipline scientifiche, ben 20 in Francia e solo 11 in Italia. Ma allora, sarà stato opportuno sostenere ad oltranza settori tradizionali che creano opportunità di lavoro a bassa produttività e spesso di modesta qualità e, simultaneamente, alimentare l’istruzione elevata per ampie fasce della popolazione? Spendere tutto in politiche passive e rinunciare ad una politiche di riconversione e innovazione? Pensare che il chiosco o la camera d’albergo fossero tutto il ritorno economico del nostro patrimonio artistico?

Leonardo sosteneva che “…nessuna umana investigazione si può chiamare vera scienza, se essa non passa per le matematiche dimostrazioni”. Nel caso dell’agire politico non bastano i (buoni) sentimenti, le idee… serve metodo. A volte la passione rende un cattivo servizio. La ricerca come driver del risparmio e dell’efficienza della spesa. L’austerità fine a se stessa è un concetto medievale, è l’idea del peccato come unico deterrente. Va punita la spesa sbagliata, vanno ripresi i soldi a chi è stato dato di più, vanno evitati gli sprechi, vanno educate le persone ma vanno anche fatti investimenti, prese scelte. In quest’ottica alla ricerca si prospettano ruoli importanti di ri-ingegnerizzazione dei processi o di de-burocratizzazione del sistema.

La ricerca è anche energy saving perché riduce l’entropia (il disordine) del sistema che spontaneamente si crea, riconducendo all’equilibrio o comunque ad uno stato in cui l’efficienza è superiore. La ricerca quindi è l’antagonista della dissipazione, risultato dell’inefficienza. Non si confonda però l’equilibrio con il conformismo: qui si intende un sistema in asse, senza attriti, che funzioni correttamente, nel quale possono convivere voci dissonanti perché non rappresentano una minaccia ma una ricchezza, come tutte le biodiversità.

La valutazione – un’ulteriore manifestazione della ricerca – è vista spesso come un critico letterario pronto alla stroncatura, invece andrebbe interpretata come un coach, un suggeritore che ti da la battuta, ti evita di sbagliare clamorosamente, ti suggerisce cosa fare se sei in difficoltà. Il Dipartimento universitario o l’Ente di Ricerca come un tools di navigazione, come soggetti indipendenti e competenti che garantiscano il percorso. Quante opere incompiute, inutili o sovradimensionate si sarebbero potute evitare! Queste voci critiche sono spesso mancate, e se ci sono state venivano dileggiate dai fautori del progresso tout court. Quindi la ricerca necessita di una nuova governance, poiché sovente la funzione di barometro o di cane da guardia viene meno, perché inibita dall’abbraccio ferale con la politica che, limitandone l’azione e i finanziamenti, ne mortifica l’indipendenza e il ruolo (costituzionale).

L’ingiustizia, in generale, alberga più facilmente al buio. La luce è il deterrente più importante alla fuga dalla legalità, di tutti i tipi, compresa quella meno rilevante, per la quale siamo particolarmente indulgenti (verso noi stessi): dal lavoro nero al parcheggio selvaggio, dall’abuso edilizio alla mancata fattura.

Potrebbe sembrare provocatorio, ma esiste sicuramente una relazione tra più ricerca e meno magistratura!

Scuola democratica
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