
“Edu-cide” o “scholasticide” (in italiano, “educidio” o “scolasticidio”) si riferiscono alla distruzione delle strutture materiali e immateriali del sistema educativo e di conoscenza di un luogo o di una nazione. I termini sono stati coniati da Karma Nabulsi (Politologa palestinese dell’Università di Oxford) nel 2009, per indicare la sistematica demolizione dei centri di educazione in Palestina. In modo più esteso di parla anche di epistemicidio (ne ha parlato il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos), intendendo l’annichilimento di una cultura, di una comunità e della sua capacità di trasmettere determinate tradizioni e conoscenza alle generazioni successive. Si tratta di processi che producono la cancellazione le memorie e i saperi di comunità intere. Nei territori della Striscia di Gaza e nei territori occupati, siamo davanti, e non da ora, alla distruzione o alla conversione in altri usi (per i coloni o i militari), sistematica delle infrastrutture come gli edifici scolastici, le università e i musei. Si era già parlato di scolasticidio nella guerra in Iraq (dal 2003) con la volontà di distruggere non solo il sistema scolastico ma anche la memoria storica legata a musei, archivi, e istituzioni culturali in atto nel contesto della guerra in Iraq. Oggi, come in altre occasioni nella storia recente, non si tratta solo di una pulizia etnica ma anche di una “pulizia culturale” come afferma Ilan Pappé, uno Storico israeliano, autore de “The Ethnic Cleansing of Palestine del 2006. Volendo mettere in luce gli elementi che costituiscono l’educidio si può fare riferimento allo sradicamento della cultura diffusa e di quella accademica, all’uccisione di docenti e studenti, alla distruzione di musei e di memoria, all’impossibilità di tramandare conoscenza.
Diversi studiosi e studiose e associazioni internazionali definiscono quello che sta avvenendo nella Striscia di Gaza come educidio o scolasticidio. La situazione nella Striscia di Gaza mette in luce come vi siano diversi livelli di distruzione che si sovrappongono: ad esempio, parlando della distruzione sistematica degli edifici scolastici, non si può non parlare di urbicidio (termine coniato per la distruzione delle città nei Balcani) e, parlando della sistematica eliminazione della possibilità di consegnare memoria e conoscenza alle generazioni future, non si può non parlare dell’uccisione di migliaia studenti, docenti e personale tecnico impiegato nelle università e nelle scuole. I dati su cui si basano le accuse di educidio o scolasticidio nei confronti dello stato di Israele sono tanti ed è importante sottolineare che, sebbene oggi l’attenzione sia concentrata su Gaza, in Cisgiordania le violenze aumentano. Fino all’ottobre 2023, a Gaza, vi erano oltre 625.000 studenti e circa 23.000 insegnanti e professori, molti dei quali sono stati oggi uccisi o fanno parte degli oltre 1,5 milioni di palestinesi sfollati. Al 24 gennaio 2024, Israele ha ucciso più di 5000 studenti ferendone altre migliaia e ha ucciso oltre 230 insegnanti e amministratori delle istituzioni formative. Ad oggi, non esiste università funzionante a Gaza, per mancanza di personale, di studenti e/o a causa della distruzione degli edifici. A gennaio scorso, l’esercito di Israele ha distrutto l’Università Al-Israa, l’ultima che era rimasta in piedi. Archivi e musei universitari sono stati danneggiati e saccheggiati dalle forze armate israeliane. La maggior parte degli edifici scolastici di Gaza sono danneggiati o distrutti. Le forze israeliane hanno attaccato diverse scuole che fungevano da rifugi temporanei per i civili, uccidendo i palestinesi che vi si trovavano dentro. L’esercito israeliano ha anche distrutto le principali biblioteche di Gaza, insieme a molte librerie, case editrici e centinaia di altri istituti culturali.
Esiste, per tutte le comunità accademiche del mondo, un obbligo morale a fermare l’educidio in corso a Gaza. Questo si affianca alla progressiva restrizione del diritto alla libertà accademica e di opinione all’interno delle università israeliane. Molti gli studiosi, tra questi l’antropologa israeliana Maya Wind, che usa il termine educidio, mette in luce come le università israeliane abbiano avuto un ruolo nel legittimare la colonizzazione dei territori palestinesi, beneficiandone a discapito del sistema educativo e accademico palestinese. Nella guerra di sterminio in corso sulla Striscia di Gaza, Israele ha distrutto ogni università palestinese con bombardamenti aerei o detonazioni controllate. Laboratori medici e di ingegneria, aule di formazione delle facoltà di giurisprudenza, aule assembleari e di laurea, ricche collezioni di libri, opere d’arte, reperti archivistici e archeologici, tutto completamente decimato. Decenni di vita accademica e politica delle studentesse e degli studenti palestinesi sono stati spazzati via in un attimo. Tutto questo è in corso da decenni e decenni. Nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, le università palestinesi sono soggette a restrizioni burocratiche che le isolano e le ostacolano, così come a ricorrenti chiusure e incursioni militari, nonché al rapimento, alla detenzione e alla tortura di docenti e studenti. Nella Striscia di Gaza, le università palestinesi sono state soffocate da oltre diciassette anni e dai ripetuti bombardamenti aerei israeliani, oggi sono inesistenti perché il governo israeliano ha devastato ogni singola università palestinese nella Striscia di Gaza. Nessuna amministrazione universitaria israeliana ha chiesto al governo israeliano di cessare i bombardamenti sulle università palestinesi e la decimazione intenzionale dell’istruzione superiore palestinese.
Centinaia di persone si sono messe in mare con le loro barche per raggiungere le coste di Gaza, (correndo il rischio reale di finire nelle carceri israeliane) anche per lottare contro il culturicidio in atto in Palestina, una terra infelice, vittima oggi del terrore e dell’orrore del governo israeliano e del terrorismo di Hamas. Nelle piazze d’Italia centinaia di migliaia di persone portano la loro vicinanza e la loro rabbia e questo anche perché anche loro non vogliono essere parte del culturicidio, dell’educidio e dello scuolicidio in atto.
Se la paura di guardare
Vi ha fatto chinare il mento (…)
E se vi siete detti
Non sta succedendo niente
Le fabbriche riapriranno
Arresteranno qualche studente
Convinti che fosse un gioco
A cui avremmo giocato poco
Provate pure a credervi assolti
Siete lo stesso coinvolti
(Canzone del maggio, Fabrizio De Andrè, 1973)
Assunta Viteritti è professoressa ordinaria di Sociologia dell’educazione presso l’Università di Roma “La Sapienza”. È stata Vicepreside della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione e componente del Collegio del Dottorato in Scienze Sociali Applicate. Ha ricoperto il ruolo di segretaria nazionale della sezione di Sociologia dell’educazione dell’AIS (2015–2018) e di presidente di STS Italia (2019–2021). È membro del comitato editoriale della rivista Tecnoscienza. A livello internazionale ha rappresentato l’Italia in progetti di ricerca europei e partecipa attivamente a network scientifici come EASST (del cui Consiglio Direttivo fa parte) ed ECER. I suoi principali ambiti di ricerca riguardano la costruzione sociale della scienza e della conoscenza, l’innovazione didattica, gli studi di genere e i processi di trasformazione delle istituzioni scolastiche e universitarie. È co-direttrice di Scuola democratica.