Educare a vivere con gli altri: cosa può fare la scuola?
di Saul Meghnagi
L’Associazione TreLLLe si autodefinisce ed è un “think tank” che, attraverso un’attività di ricerca, analisi e discussione, interna ed esterna all’organizzazione, propone idee e formula proposte sulla qualità dell’educazione.
Il Convegno su “Educare e vivere con gli altri: cosa può fare la scuola?”, svoltosi presso la Luiss a Roma, il 19 marzo 2016 affronta uno dei temi primari sui quali l’Associazione intende promuovere il confronto e il dibattito nazionale.
Il tale prospettiva, sono stati presentati i risultati di una seria e accurata analisi degli scenari del cambiamento in atto a livello internazionale, delle domande che si pongono oggi al sistema formativo, delle implicazioni a livello, in particolare, dell’istruzione superiore.
I lavori sono stati aperti da Attilio Oliva, Fondatore e Presidente di TreeLLL e membro del Board del Ceri-Ocse (Centre for Educational Research and Innovation) di Parigi, che ha coordinato il dibattito dopo aver dato conto delle ragioni che hanno motivato la ricerca, resa pubblica grazie anche a uno specifico “Quaderno” (n.11, marzo 2016) dell’Associazione stessa.
I cambiamenti nell’economia, nella produzione, nell’organizzazione del lavoro, legata soprattutto alle tecnologie e alla comunicazione, ha sostenuto Oliva, rendono obsolete le competenze di un’ampia fascia della popolazione. Il ricambio occupazionale appare confuso, mentre appaiono imprecisi i caratteri delle forze di lavoro, a vario livello, rispetto a modelli del passato. Parallelamente, si assiste a un cambiamento socio demografico inedito, per il progressivo invecchiamento della popolazione indigena e la presenza crescente di lavoratori immigrati o di profughi provenienti da varie parti del mondo. Da ciò, l’utilità non solo di un esame accurato sulla composizione della popolazione, della forza di lavoro e degli studenti, attuali e futuri della scuola italiana, ma anche la necessità di comprendere le sfide determinate da una società composita per cultura, sensibilità, idee sulla società e sulla democrazia.
Lo studio presentato nel Convegno ha cercato di affrontare tale ultimo problema in relazione all’istruzione superiore nell’ottica di una “global citizenship”, una formazione civica aperta al confronto e suscettibile di garantire la convivenza civile tra persone, lingue, religioni, esperienze diverse di lavoro e di vita. L’indagine ha interessato giovani diplomati (19-23 anni) e ha analizzato il problema dell’”Educazione alla cittadinanza nella scuola superiore” tema che costituisce anche il titolo del numero speciale del Quaderno sopra citato.
L’On Silvia Costa, della Commissione cultura e istruzione del Parlamento europeo, nell’esprimere il suo apprezzamento per il lavoro svolto, ha sottolineato come il cambiamento digitale, demografico, sociale con il quale si confronta oggi un’Europa ferita dal radicalismo e fondamentalismo, non possa essere affrontato partendo esclusivamente da una raccolta, sia pure puntuale, di dati e di “skills” ipotizzate. E’ necessaria, ha affermato – richiamando il documento europeo “Education and training 2020″ – un’internazionalizzazione dei curricoli, in particolare nella loro componente culturale e sociale. Gli ha fatto eco Andreas Schleicher, dell’Ocse – ideatore del dispositivo di indagine PISA – sottolineando il rilievo, ormai chiaro, dell’”Education for citizenship” e affermando – alla luce del suo lavoro – che “things might be easily tested and evaluate but can no longer prepare people to life”. A tal fine, a fianco delle ormai chiare “navigation skills” richieste dalla pervasività dell’informatica, si pone la necessità di ragionare su “values”, “cognition” e “social” skills”, assumendo che “la citizenship”, oggi al centro di molti dibattiti, “is not related on knowledge but on behaviour”. Ha poi precisato, Luigi Berlinguer, già ministro dell’istruzione, che,a tale fine, non si tratta di aggiungere discipline per la formazione alla cittadinanza, ma di lavorare su quelle in essere e sui paradigmi fondanti delle stesse.
Coerenti con tali interventi, sono apparsi i risultati dell’indagine, presentata dai vari componenti dell’equipe che l’ha realizzata, tra i quali Alessandro Cavalli che ha illustrato le proposte emerse da tutto il lavoro. Le principali “missioni” nella scuola del XXI secolo appaiono prioritariamente quelle di istruire tutti, non solo i migliori, ma anche coloro che presentano difficoltà culturali, psiscologiche, fisiche; educare a vivere con gli altri; dare conto dei valori che sono alla base della nostra storia e della nostra riconosciuta modalità di convivenza e democrazia. Le proposte chiave conseguenti sono, in particolare, quella di:
prevedere un tempo, nel percorso scolastico, dedicato ad “attività”, non lezioni, interattive e interdisciplinari mirate all’educazione alla cittadinanza;
dare vita a un sistema basato su una scuola aperta a tempo pieno (7/8 ore per 5/6 giorni alla settimana);
programmare una formazione di tutto il personale scolastico ai temi dell’educazione alla cittadinanza, senza riservare il tema ad alcuni insegnamenti;
Promuovere e praticare metodologie didattiche interattive e relazionali (dal project work al cooperative learning).
In estrema sintesi, sono tre le aree dell’educazione a vivere con gli altri: l’educazione civile (i valori base della nostra vita collettiva), l’educazione civica (diritti e doveri del cittadino), l’educazione al fatto religioso (di carattere non catechistico, ma aperto, come si deve a una scuola laica che accoglie i valori da varie fedi).
Il Convegno, con l’impatto costituito dall’indagine che l’ha preceduto e accompagnato, sembra costituire, per la ricchezza che l’ha caratterizzato, un punto non di arrivo ma di partenza per un approfondimento suscettibile di interessanti e oggi indispensabili sviluppi di ricerca e di azione.
Per scaricare il Quaderno n.11 (marzo 2016) Educare a vivere con gli altri nel XXI secolo: cosa può fare la scuola? I casi di Francia Germania Italia Polonia e la “global citizenschip” , clicca QUI
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