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Dispersione scolastica: cause e rimedi. Un reddito per i più poveri

Dispersione scolastica: cause e rimedi. Un reddito per i più poveri

di Francesco Pastore (Professore Aggregato di Economia Politica presso la Seconda Università degli studi di Napoli)

Premessa

L’importanza del tema della dispersione scolastica1 per l’Unione Europea (UE da ora) è dimostrata dal fatto che essa rappresenta uno dei punti chiave elencati nell’agenda di Europa 2020. Come è noto, Europa 2020 indica, nell’ambito della Strategia di Lisbona, gli obiettivi che la politica economica deve raggiungere in ogni paese membro al fine di ottenere una convergenza reale fra i paesi e stimolare, così, una crescita economica stabile e duratura al loro interno.

Il target fissato da Europa 2020 per l’abbandono scolastico è pari al 10%: ogni paese membro deve portare la percentuale di coloro che non completano la scuola dell’obbligo, vale a dire la scuola secondaria di primo grado, al di sotto di questa soglia, che, come mostra la Figura 1, nel 2013, rappresentava all’incirca la media dell’UE a 28 paesi.

La posizione dell’Italia

Sono attualmente solo 9 i paesi che non raggiungono quella soglia e fra questi i primi cinque (Spagna, Malta, Portogallo, Romania, Italia) si trovano in una posizione piuttosto distante dal sesto paese (Bulgaria). C’è un vero e proprio salto fra il quintultimo e il sestultimo paese di questa speciale graduatoria. Con il suo 17.0%, l’Italia superava la Bulgaria (12.5%) di circa 5 punti percentuali, quasi la metà del dato Bulgaro.

Come in tutti i paesi UE, anche in Italia, la dispersione scolastica è un fenomeno che si coniuga al maschile, con un gap a danno degli uomini di circa 6.5 punti percentuali. In effetti, le donne sono non troppo lontane dall’obiettivo di Europa 2020, mentre gli uomini con il loro 20.2% sono ad un livello doppio rispetto al target indicato dall’Europa2.

Il carattere classista dell’abbandono scolastico, soprattutto nelle aree meridionali del paese, e la sua correlazione con fenomeni di illegalità è stato notato da più parti (Colombo, 2015b, p. 414). Caroleo e Pastore (2012) denunciano come in Italia sia evidente la difficoltà del sistema di istruzione di invertire il paradosso di Pigou, secondo il quale la distribuzione statistica delle intelligenze non coincide con quella dei redditi, a dimostrazione del ruolo della esistente distribuzione della ricchezza, ma anche del fallimento del sistema di istruzione nel riequilibrare le sorti delle persone appartenenti a diverse classi sociali.

La dispersione è in prevalenza maschile

 È sugli uomini che molti degli interventi si dovrebbero concentrare ormai in molti paesi del mondo. Il motivo del carattere maschile è ovviamente che la dispersione scolastica ha una spiegazione importante dal punto di vista economico, oltre che culturale. Sono pochi coloro che non capiscono l’importanza di acquisire un livello di istruzione almeno pari alla scuola dell’obbligo. Coloro che non raggiungono l’obiettivo lo fanno spesso per motivi economici, anche se altri fattori collegati giocano anche un ruolo importante, come il tipo di rapporto e linguaggio che il personale della scuola intrattiene con il giovane. I giovani abbandonano poiché quasi sempre si propongono di dare una mano alla famiglia, fornendo con il piccolo reddito che ottengono dalle loro attività lavorative un’integrazione al reddito familiare che, per quanto talvolta sia infima, può essere percepita come molto importante in certe famiglie.

Il motivo per cui gli uomini sono preferiti alle donne è invece di natura culturale. È ancora prevalente il modello familiare con un solo breadwinner, l’uomo appunto, e quindi è lui che deve sacrificare il proprio investimento in istruzione per integrare il reddito familiare.

Ciò non vuol dire che non occorra anche agire sui modi di pensare delle famiglie più povere, facendo loro comprendere che una gallina domani può essere migliore di un uovo oggi. Tuttavia, dato l’orizzonte temporale spesso assai limitato delle scelte dei giovani è importante riuscire a comprendere che incentivi anche economici esterni a quelli scolastici potrebbero avere un effetto importante per le famiglie più povere e bisognose. Forse, l’assegnazione di un sussidio legato alla frequenza scolastica delle famiglie più bisognose potrebbe aiutare. Magari, il sussidio potrebbe essere legato allo svolgimento di un’attività di apprendistato, come nel modello tedesco. Grazie all’apprendistato che è un contratto a tre (datore di lavoro, studente e scuola), l’abbandono scolastico in Germania è stato fortemente scoraggiato e riguarda ormai quasi soltanto lavoratori immigrati e perciò con importanti problemi di integrazione sociale, culturale e linguistica prima ancora che scolastica.

Le differenze regionali

In questo quadro non molto confortante, vanno segnalate le importanti differenze regionali, con le regioni del centro-nord che si avvicinano (senza peraltro raggiungerlo mai) al target di Europa 2020 e quelle del Mezzogiorno che sono ancora molto lontane (Figura 2)3. Molise, Lombardia e Basilicata, le regioni che fanno meglio in termini di tasso medio raggiungono un tasso di abbandono del 15.4%, di oltre il 50% superiore al target fissato dall’UE. La regione Campania raggiunge il 22.2%, un valore più che doppio rispetto al target europeo, il terzultimo dopo la Sicilia e la Sardegna che fanno anche peggio.

Purtuttavia, il confronto fra il pannello (a) relativo al 2004 e il pannello (b) relativo al 2013 evidenzia un forte miglioramento nel corso degli anni con una riduzione dell’indicatore di dispersione leggermente maggiore nelle regioni meridionali (-6.3%) rispetto a quelle settentrionali (-5.2%).

I rimedi

La consapevolezza che la causa principale dell’abbandono scolastico è di natura economica consente di guardare con favore l’approccio seguito da molti progetti finanziati di recente in Italia per combattere la dispersione scolastica. L’intuizione di fondo degli organizzatori di tali progetti è proprio che occorre spingere i giovani a comprendere che la frequenza scuola fa parte di una decisione di investimento nella formazione del capitale umano che comporta un trade-off fra redditi a breve e a medio-lungo periodo. Nel breve periodo, si perde un piccolo reddito informale, ma nel medio e nel lungo periodo se ne guadagna uno maggiore in attività formali e quindi con uno status sociale superiore ed una qualità della vita superiore.

Molti progetti europei, infatti, praticati in diverse scuole anche del Mezzogiorno si propongono di far comprendere con una serie di moduli e di esperienze didattiche, più che con le parole e le lezioni frontali, che la scuola può dare loro qualcosa che si traduce in reddito. La scuola può essere una bottega nella quale apprendere un mestiere e quindi grazie alla quale ottenere in futuro un reddito certamente più alto di quello che possono guadagnare in attività lavorative dequalificate, informali, occasionali come quelle che li tengono lontano dalla scuola.

In questo senso, i progetti in questione hanno trovato una sintesi nella riforma cosiddetta della Buona scuola, che è stata di recente approvata dal Parlamento e che prevede al suo interno un programma di alternanza scuola-lavoro che, pur non fornendo un reddito, consente, però, di sviluppare nel giovane la consapevolezza che la scuola può essere anche uno strumento per trovare lavoro e guadagnare un reddito in futuro.

Certo, resta il dubbio se per un pieno successo dei programmi anti-dispersione non sarebbe auspicabile prevedere il superamento di tale trade-off enunciato sopra fornendo ai soggetti più a rischio di dispersione, anche un reddito nell’immediato. È questo uno dei motivi più importanti di successo dell’apprendistato tedesco che comporta l’avvio di una attività lavorativa formale, contrattualizzata e quindi portatrice di un reddito piuttosto importante, pari in genere al 40% del reddito previsto dal contratto di lavoro di un adulto con la stessa qualifica professionale. In media, secondo un recente articolo de Il Sole 24 ore, si tratta di uno stipendio pari a circa 600 euro al mese in media, quanto basterebbe forse per debellare immediatamente una buona parte dell’abbandono scolastico in Italia4.

È chiaro che questi soldi non possono essere pagati dallo Stato e dalla scuola, ma richiedono che l’attività svolta in alternanza-scuola lavoro sia produttiva e riconosciuta come tale dall’impresa dove viene svolta, in modo da generare immediatamente un reddito. In altri termini, l’alternanza scuola-lavoro prevista dalla Buona scuola potrebbe agevolare anche la diffusione dell’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, che ha avuto finora una diffusione limitata anche a causa della difficoltà delle scuole di coinvolgere le imprese.

Riferimenti bibliografici

Brunello, G. e De Paola, M. (2013), The Costs of Early School Leaving in Europe, EENEE. Analytical Report, n. 17, prepared for the European Commission, Brussels.

Caroleo, F.E. e F. Pastore (2012), “Talking about the Pigou Paradox. Socio-Economic Background and Educational Outcomes of AlmaLaurea”, International Journal of Manpower, 33(1): 27-50.

Colombo, Maddalena (2015a), “Dispersione scolastica, tema sfidante per le politiche educative. Livelli di attenzione e strategie in quattro casi nazionali”, Scuola democratica, 5(2): 387-394.

Colombo, Maddalena (2015b), “Abbandono scolastico in Italia. Un problema serio, molti circoli viziosi e qualche strategia di prevenzione”, Scuola democratica, 5(2): 411-424.

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