Quest’anno è cruciale per definire il modo in cui nelle scuole sarà vissuto l’insegnamento di Educazione Civica, dopo l’entrata in vigore della legge 92/2019 con un inusuale e altissimo consenso in parlamento. Cosa questo insegnamento diverrà nella vita concreta delle scuole, nel percorso di apprendimento e nelle vite degli studenti e delle studentesse dipende ora da una molteplicità di attori.
Per Scuola Democratica è un processo importantissimo da seguire e supportare. La posta in gioco infatti era già altissima lo scorso anno, ma oggi lo è ancora di più.
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Attraverso le idee contenute nell’articolo apparso nel n.1/2020 di Scuola democratica a firma di due dei suoi direttori, Benadusi e Campione, (che è leggibile per intero cliccando QUI), proponiamo al dibattito una proposta di ripensamento degli ordinamenti scolastici.
La questione degli ordinamenti scolastici in effetti sembra sparita dall’agenda politica italiana. Riteniamo sia giunto adesso il momento di tornare a riflettere e discutere su questo tema assumendo una prospettiva “lunga” che non si arresti alla discussione di come si ripartirà a settembre dopo un anno scolastico inficiato dall’emergenza Coronavirus.
La riforma degli ordinamenti non andrebbe impostata sulla base di un modello precostituito di carattere ideologico, al contrario andrebbe attentamente tarata sulle situazioni di fatto del nostro paese che ci segnalano problemi, ritardi e criticità anche al cospetto di altri paesi europei
di Luciano Benadusi
La rivista Scuola Democratica-Learning for Democracy ha posto da sempre al centro del suo impegno intellettuale, in coerenza con il lascito di John Dewey, il filosofo e pedagogista americano autore di Democrazia e educazione (1963), la relazione fra educazione e democrazia. A maggior ragione è chiamata a farlo oggi davanti ad una grave sintomatologia di crisi della democrazia, perfino nei paesi che storicamente ne erano stati la culla.
a cura di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi) –
Un libro dedicato alla scuola. Alle tante formiche operose che, curando “la buona vita in comune”, ne fanno talora un luogo straordinariamente innovativo, mentre non sembrano esserci, in questa fase, le api capaci di “scrutare curiose nuovi paesaggi per arricchire gli alveari”. La scuola e la politica, dunque. Un mondo tutto sommato vitale da un lato, e la “riforma mancata”, le “ossessioni normative”, le decisioni “non generative” dall’altro.
di L. Benadusi, V. Campione, A. Viteritti –
Su Learning4abbiamo dato spazio a una discussione sulla Buona Scuola che si è svolta in due fasi, prima sul documento proposto alla consultazione dal ministro e poi sul d.d.l. presentato alle camere. Ora il momento è quello di aprire una terza fase di dibattito per fare un passo più netto in direzione dell’approfondimento e della valutazione delle prospettive che, dopo l’approvazione della legge, paiono aprirsi per la scuola italiana.
di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi) –
Degli oltre 800mila studenti con background straniero, la maggioranza è ormai di bambini e ragazzi nati in Italia, o arrivati in età prescolare. In un recente convegno sull’integrazione dei migranti promosso dal Viminale sono state discusse difficoltà e successi delle politiche di scolarizzazione degli studenti stranieri.
di Ivana Summa (Esperta CIDI) in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola –
Gestire una scuola non coincide tout court con l’amministrarla, bensì con l’organizzare tutte le risorse- quelle disponibili e quelle da acquisire – verso le finalità istituzionali. E’ necessario chiederci se, dopo un quindicennio di autonomia scolastica, non sia giunta finalmente l’ora di cambiare rotta a cominciare proprio dai capi d’istituto. Proviamo allora ad analizzare i riferimenti normativi esistenti e poi quelli contenuti nel ddl citato. Possiamo trasformare le fattezze del capo d’istituto ma se davvero vogliamo che sia in grado di agire in modo efficace è necessario un coerente quadro di sistema.
di Stefano Casarino (insegnante di Lettere nei Licei, Presidente della Delegazione di CN dell’A.I.C.C.) in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola-
Ogni ipotesi di cambiamento deve partire dalla constatazione della situazione presente, dalla ricognizione esatta dei punti di debolezza, ma anche dei punti di forza, di ciò che ci si accinge a modificare.
di Loredana Leoni (dirigente scolastica) in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola –
Un Disegno di Legge per far rinascere l’autonomia scolastica. Questo potrebbe essere il titolo del processo avviato dalla Buona Scuola e che approderà nei prossimi giorni alla Camera. Un Disegno di Legge che si presenta abbastanza diverso dal documento di partenza: all’inizio molti aspetti apparivano, al di là degli slogan, piuttosto burocratizzati. Un documento ministeriale. L’attuale Disegno di Legge ribalta decisamente l’approccio.
di Federica Roccisano (Università Cattolica di Milano) in risposta all’articolo “Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola” –
Leggendo il ddl sulla Buona Scuola presentato lo scorso 12 marzo dal Governo Renzi e dalla Ministra Stefania Giannini è difficile nascondere alcune perplessità su punti controversi che rischiano di colpire il tessuto sociale delle aree più deboli e quindi di tutte le regioni meridionali.
Si riapre il dibattito. Dopo il confronto sul documento “La buona scuola” è tempo di discuterne lo sviluppo avvenuto con il disegno di legge delega del governo che dà uno sbocco sul piano normativo al processo avviato da quel documento e proseguito con la consultazione e con le ulteriori elaborazioni ministeriali.
di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi) –
Perché il piano straordinario di assunzioni si materializzi il prossimo 1 settembre, i lavori parlamentari dovrebbero essere velocissimi, non più di qualche settimana. Ci sono però punti caldi che obbligano alla massima attenzione.
di Anna D’Auria (Dirigente Scolastico I.C. “Via Cassia Km 18.700″ di Roma) Commento all’articolo “Come si finanzia la Buona Scuola” di Francesco Pastore pubblicato su Learnig4
Nell’ evidenziare lo stretto rapporto esistente tra PIL e declino del sistema scolastico italiano, l’articolo di Pastore avanza valide ipotesi che integrano quelle già presenti nella Buona Scuola per evitare sprechi e trovare risorse aggiuntive per l’attuazione del piano di riforma del Governo Renzi. Tuttavia con uno sguardo tutto interno al mondo della scuola, in relazione ai diversi aspetti affrontati nell’articolo, vorrei condividere alcune osservazioni.
di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi) – Al 27 febbraio, data prevista per il decollo dei provvedimenti attuativi della “Buona Scuola”, manca ormai pochissimo tempo, ma la lunga cavalcata di consultazioni, convegni e incontri non sembra affatto avere sciolto tutti i nodi. è di notevole interesse lo studio della Fondazione Agnelli, anticipato il 16 febbraio da Gianna Fregonara sul Corriere della Sera, secondo cui l’ingresso dei 140.000 delle GAE potrebbe essere “un boomerang per la scuola” .
di Nicola C. Salerno (economista presso Reforming )
Per fare buona la scuola servono risorse. Sulla base dei dati del Dipartimento per le Politiche dello Sviluppo (Conti pubblici per funzioni) si analizza la spesa per l’istruzione scolastica tra il 1996 e il 2012, sia nell’aggregato nazionale che nello spaccato regionale. In termini reali, le risorse dedicate al sistema-scuola sono di fatto ferme al 1996.
di Marcella Delle Donne (Sociologa) – Separati e lontani dai plessi scolastici, i minori Rom in età scolare vengono prelevati ogni mattina da pulmini gestiti da cooperative finanziate dall’ente pubblico. Molte sono le assenze e i bambini Rom giungono, in genere, in ritardo. Hanno difficoltà con la lingua italiana. Per la mancanza di spazio e di luce nelle abitazioni dei campi, i quaderni vengono lasciati a scuola, così anche i più svelti accumulano un gap nell’apprendimento con gli alunni italiani. Un gap che è destinato ad ampliarsi nelle fasi successive del percorso scolastico.
di Associazione TreeLLLe –
Il documento sulla “buona scuola” è molto ricco di stimoli e proposte su diversi argomenti. TreeLLLe lo apprezza nel complesso ed intende appoggiarlo in ogni sede pubblica. Ritiene però utile soffermarsi in questa sede su alcuni aspetti, quelli sui quali più si è esercitata in passato la sua ricerca e riflessione.
di Alessandro Cavalli (Presidente del Centro Studi e Ricerche sui Sistemi di Istruzione Superiore dell’Università di Pavia e del Comitato Scientifico dell’Istituto IARD) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione”
Nel 4° capitolo del Documento “La Buona Scuola” compare un’affermazione importante: l’economia deve essere una disciplina accessibile agli studenti di tutte le scuole di secondo grado. In molti paesi sono invece previsti (con denominazioni varie) insegnamenti non centrati su un’unica o su poche discipline, ma coordinati in un’area tematica che si potrebbe chiamare della storia, della geografia e delle scienze umane.
di ANP associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola, in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” –
Dal punto di vista dell’Anp un’analisi del documento governativo “La Buona Scuola” deve prendere in considerazione quello che questo contiene: 1) dirigenti 2) docenti 3) sistema; ma anche quello di cui si fa scarso o nessun cenno: 4) studenti e, più in generale, le condizioni che fanno di una scuola una “buona scuola” dal punto di vista di chi la frequenta.
di Mimma Giaccari (Direttore Generale ENAIP Nazionale) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” – Il recente documento “La buona scuola”, seppur solo verso la fine, assegna al lavoro una nuova centralità, sollecitando una discussione sui nuovi modelli dell’apprendimento. è un passaggio molto innovativo e meritevole di approfondimento per chi come noi si occupa di formazione professionale facendo ogni sforzo possibile per restituirle la dignità che le spetta all’interno del sistema educativo nazionale e sollecitando, sui vari tavoli, una più attenta osservazione legittimata da numeri ed esiti e svincolata da stereotipi e pregiudizi.