La proposta di dibattito sul ripensamento degli ordinamenti scolastici
Attraverso le idee contenute nell’articolo apparso nel n.1/2020 di Scuola democratica a firma di due dei suoi direttori, Luciano Benadusi e Vittorio Campione, (leggibile per intero cliccando QUI), proponiamo al dibattito una proposta di ripensamento degli ordinamenti scolastici.
La questione degli ordinamenti scolastici in effetti sembra sparita dall’agenda politica italiana. Riteniamo sia giunto adesso il momento di tornare a riflettere e discutere su questo tema assumendo una prospettiva “lunga” che non si arresti alla discussione di come si ripartirà a settembre dopo un anno scolastico inficiato dall’emergenza Coronavirus.
La riforma degli ordinamenti non andrebbe impostata sulla base di un modello precostituito di carattere ideologico, al contrario andrebbe attentamente tarata sulle situazioni di fatto del nostro paese che ci segnalano problemi, ritardi e criticità anche al cospetto di altri paesi europei.
Nell’articolo di Benadusi e Campione, l’intera secondaria emerge come il focus del ripensamento degli ordinamenti e dei curricoli scolastici. Lo scalino negli apprendimenti fra primaria e secondaria si verifica, almeno in parte, per tre ragioni: i) ingresso nella preadolescenza; ii) discontinuità nell’organizzazione (insegnamento per materie); iii) corpo docente che ha avuto prevalentemente una formazione disciplinare e non professionale. Ma di lì prende le mosse una traiettoria di declino che gradualmente arriva fino al termine della secondaria superiore.
La proposta avanzata dall’articolo, se confrontata con l’attuale struttura quinquennale della secondaria superiore, potrebbe apparire una drastica riduzione: tutti i percorsi avrebbero la durata di tre anni. Tuttavia, come dicono gli autori, si avrebbe tutt’altra sensazione se guardassimo ai sistemi degli altri paesi europei. L’Italia con una durata di 13 anni continuerebbe infatti a posizionarsi all’estremità più alta della graduatoria internazionale quanto a lunghezza del percorso scolastico complessivo (da ISCED 0 a ISCED 3). Sostituire i primi bienni delle superiori con un segmento finale dell’istruzione di base significherebbe d’altronde fare accedere alle superiori studenti dotati di un più elevato livello di preparazione e forse anche di motivazione non essendo essi più obbligati a farlo da una disposizione di legge. Grazie alla posposizione del tracking, inoltre, i percorsi potrebbero partire più decisamente differenziati e meglio raccordarsi con i successivi studi a livello post-secondario e terziario. Il terzo anno per i licei potrebbe infine essere di transizione, gestito in un rapporto di stretta collaborazione con le università come accade in alcuni casi stranieri.
Si dovrebbe evitare poi che la differenza della VET rispetto ai licei continui a essere percepita, come oggi spesso accade, più in termini di declassamento che di distinzione funzionale. A tale scopo, sottolineano gli autori dell’articolo, occorre anzitutto accrescere il valore dei relativi titoli di studio grazie ad una maggiore corrispondenza dell’offerta educativa alla domanda di lavoro e ad una maggiore connessione con i percorsi di studio ulteriori. La VET comprende gli istituti tecnici da ridenominare licei tecnologici (con diplomi professionalizzanti e orientati soprattutto al terziario non accademico, pur mantenendo la possibilità di accesso a percorsi universitari coerenti) e la filiera professionale che è attualmente quella più in sofferenza e va dunque rilanciata avendo un ruolo insostituibile nella formazione al lavoro operaio e artigianale. Occorre ampliare il ventaglio dei suoi sbocchi occupazionali e rimodellarne la struttura organizzativa creando un sistema multi-attore integrato che veda il contributo della FP, degli IPS e di un apprendistato simile al duale. E preveda uscite diversificate per settori e livelli con il rilascio di qualifiche e diplomi.
In questa riformulazione, non ci si limiterebbe poi a prendersi cura soltanto degli studenti che rischiano di uscire dalla scuola prima del diploma prolungando l’obbligo fino al 18° anno di età. Sarebbe meglio porsi infatti nella prospettiva del lifelong learning accordando un diritto allo sviluppo delle competenze a chiunque esca o sia uscito dalla scuola privo del diploma e di una qualifica professionale intermedia (l’early school leaver), o meglio ancora privo anche di quello zoccolo di competenze di base che è un requisito fondamentale sia della occupabilità sia di una cittadinanza critica ed attiva.
In questa ottica la massima “nessuno sia lasciato indietro” andrebbe arricchita dall’aggiunta: “nemmeno quelli che sono già rimasti indietro”, riconoscendo un diritto che si sostanzi nell’attribuzione di un bonus “seconda opportunità” per incentivarne il rientro nel sistema di istruzione e/o di formazione.
Il dibattito è aperto.
L’indirizzo a cui inviare i contributi è segreteria@scuolademocratica.it
Clicca QUI per scaricare la proposta di ripensamento degli ordinamenti scolasticile apparsa nel n.1/2020 di Scuola democratica a firma di due dei suoi direttori, Luciano Benadusi e Vittorio Campione.
Sullo stesso tema, clicca QUI per vedere l’articolo del Corriere della Sera contenente la proposta e intitolato “Aboliamo le medie: dalla materna al bienno delle superiori, in sei gradini. Tre ipotesi per riformare i cicli e rendere più moderna e inclusiva la scuola dell’obbligo” di Luciano Benadusi e Vittorio Campione, del 22 giugno 2020.
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