Alternanza scuola lavoro: come non farsi sfruttare e preparare il futuro
di Francesco Pastore e Valentina Magri
“Il meccanico del mio paese si sarebbe vergognato di non pagare a fine settimana. E mica solo lui. Oggi vedo cose terribili: tirocini, mezzi tirocini, finte alternanze scuola lavoro, bisogna sbaraccarle quelle cose lì”. Il j’accuse di Pierluigi Bersani a “Quinta colonna” su Rete 4 riaccende l’annoso dibattito sull’alternanza scuola lavoro e l’equazione tra alternanza e sfruttamento. Però nell’alternanza scuola lavoro non ci sono solo “cose terribili”. Non tutti sanno che a ispirare la legge n. 107 del 2015 che ha reso obbligatoria l’alternanza scuola lavoro è stata una famosa impresa del settore motociclistico. Siamo andati a vedere da vicino come funziona.
Il progetto Desi
Desi, acronimo di Dual Education System Italy, è stato lanciato nel 2013 da Ducati e Lamborghini, col sostegno della Fondazione Volkswagen e di Audi Academy. Consiste in una scuola a tempo pieno inserita in un percorso di studi professionale, della durata di due anni, dove i ragazzi studiano in classe e in azienda delle materie di indirizzo scolastico, che coincidono con quelle per la qualifica professionale di lavoratori meccanici oppure di operatori di macchine a controllo numerico. Gli studenti escono quindi sia col diploma di maturità che con l’attestazione delle competenze realmente acquisite. Inizialmente il progetto Desi si rivolgeva a 48 giovani NEET e fu creato per realizzare il sistema duale tedesco all’interno del modello scolastico italiano. Il progetto Desi è stato uno dei modelli che ha ispirato la legge 607 sull’alternanza scuola lavoro, visto che è facilmente esportabile. Ad oggi rientra tra i programmi di alternanza scuola lavoro, ma prevede 1.100 ore: ben superiori alle 400 obbligatorie per legge.
Alternanza scuola lavoro: come non farsi sfruttare I ragazzi che svolgono l’alternanza scuola lavoro non svolgono attività lavorativa. Pertanto non devono essere messi nelle condizioni di farlo, né retribuiti. In Ducati i partecipanti al progetto Desi hanno divise e carrelli ben identificabili e sono seguiti da tutor dei centri di formazione, in quanto non possono svolgere da soli le fasi del ciclo produttivo. “La discriminante consiste nel fare un programma strutturato, che abbia dei contenuti di istruzione e apprendimento”, ci spiega Luigi Torlai, direttore Risorse Umane di Ducati.
Perché conviene a tutti fare bene l’alternanza “Siamo alla terza edizione del progetto Desi e sono sicuro che i dipendenti entrati in azienda tramite questo progetto saranno un patrimonio per la Ducati”, prosegue Torlai. Per Ducati è vantaggioso avere dei diplomati già formati sul campo e coltivati attraverso lo sviluppo interno, che portano i dipendenti a essere fedeli all’azienda. Il progetto Desi fa la differenza per il futuro lavorativo dei giovani partecipanti: tutti sono poi stati assunti direttamente da Ducati, Lamborghini o da imprese della zona, che se li sono contesi.
Inoltre, il progetto Desi è altamente formativo dal punto di vista umano per gli studenti. “Da noi entrano dei ragazzi, escono degli uomini”, commenta Luca Baroni, responsabile del progetto Desi. “Affrontiamo anche un tema di integrazione non da poco, visto che il 44% degli studenti delle scuole professionali di Bologna che collaborano con noi non sono di origine italiana. Inizialmente alcuni ragazzi di diverse nazionalità avevano difficoltà a collaborare tra loro, ma poi sono cresciuti. In generale, abbiamo recuperato tanti ragazzi con il progetto Desi”.
“Molti ragazzi dell’istituto professionale hanno voglia di fare cose pratiche e vorrebbero andare in azienda invece che a scuola e per questo spesso si fermano alla qualifica professionale e non continuano fino al diploma”, ci racconta Torlai. “Gli studenti sono molto appassionati di moto e coinvolti”, gli fa eco il formatore Fabio Da Re. Ci racconta uno degli studenti: “E’ un’esperienza molto positiva, dove ho approfondito ciò che sapevo già e imparato a lavorare in gruppo”.
Eppure sono ancora poche le aziende dove si fa bene l’alternanza scuola lavoro. Perché?
Perché si fa poca alternanza scuola lavoro in Italia “I problemi in Italia sono due: investire e implementare. Le aziende purtroppo non sempre riescono a investire sui ragazzi e su progetti di questo tipo. Aspettano sempre che sia la scuola a fare la prima mossa. Più che i progetti, latita la volontà di investire sull’ alternanza “, commenta il direttore Risorse Umane di Ducati.
Servirebbe inoltre una maggiore condivisione e diffusione delle best practice tra le aziende. Ducati e Lamborghini, ad esempio, sarebbero felici di assistere gratuitamente le imprese che volessero capire come funziona da loro l’alternanza scuola lavoro.
Un altro tasto dolente è nella relazione tra mondo della scuola e del lavoro. È inutile tentare di prevaricarsi a vicenda e sperare che sia l’altra parte a formare gli studenti (le imprese si aspettano manodopera già formata messa a disposizione dalle scuole, che a loro volta sperano che siano le aziende a investire nella formazione dei neoassunti). Serve collaborazione perché ognuno deve fare la sua parte, in modo che gli studenti abbiano una buona preparazione non solo teorica ma anche pratica. “In caso contrario, è come se i ragazzi avessero solo l’encefalo destro e non quello sinistro”, ci spiega Torlai. Che lancia una sfida alle aziende italiane: “Ogni grande e media impresa dovrebbe aprire una classe in un istituto tecnico o professionale per creare le professionalità del futuro e da cui poi assumere giovani dipendenti da far crescere in azienda”.