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AVA: meno adempimenti, più responsabilità e informazioni

AVA: meno adempimenti, più responsabilità e informazioni

di Matteo Turri (esperto di valutazione universitaria)

Il rapporto “Calimero all’università: valutazione della didattica e sistema AVA. Esperienze, stato dell’arte e prospettive dell’assicurazione della qualità in Italia” (http://www.fga.it/news/tutte-le-news/dettaglio/article/roma-18-giugno-rapporto-sulla-valutazione-della-didattica-universitaria-500.html#.U8wluUBqP_g) presentato nel giugno scorso dalla Fondazione Agnelli consente di fare il punto su AVA e più precisamente sul sistema italiano di assicurazione della qualità della didattica universitaria.

Finalmente, con Ava, anche l’Italia si dota, ultima tra le nazioni dell’Europa occidentale, di un sistema di assicurazione della qualità in linea con il Processo di Bologna e più precisamente con le linee guida ESG (Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area) promosse dall’ENQA (European Association for Quality Assurance in Higher Education)

AVA è dunque la condizione imprescindibile per far parte dell’European Higher Education Area (EHEA) e più in generale per consentire alle università italiane di confrontarsi e cooperare con istituzioni universitarie europee. Dal punto di vista metodologico inoltre AVA introduce alcune importanti innovazioni nei meccanismi di valutazione prevedendo:

– adozione di una procedura articolata in autovalutazione/valutazione/follow-up;

– valutazione almeno in parte basata su viste in loco di esperti valutatori (appositamente formati);

– coinvolgimento diretto degli studenti nelle procedure valutative.

Accanto alle note positive, il rapporto di ricerca -mediante il confronto con alcune delle esperienze europee più consolidate di assicurazione della qualità e della letteratura- mette in evidenza alcune lacune del sistema AVA.

Da un lato non c’è, da parte del sistema AVA, una compiuta valorizzazione degli atenei quali primari attori dell’assicurazione della qualità: l’attenzione, infatti, rimane focalizzata sul corso di studio e sui suoi requisiti quantitativi tanto che una delle principali lamentele di coloro che seguono le pratiche dell’assicurazione della qualità è l’assenza di attenzione da parte del vertice di ateneo e la presenza per il personale accademico di incentivi avversi all’assumere responsabilità in ambito didattico.

D’altro canto, a fronte della tendenza in Europa all’alleggerimento dei sistemi di assicurazione della qualità, il sistema AVA adotta procedure di valutazione fortemente standardizzate e molto dettagliate, che impongono agli atenei, ai dipartimenti e a tutti i singoli corsi di studio pesanti e periodici adempimenti. Il tutto in assenza, almeno per ora, di un’efficace comunicazione al personale coinvolto dell’utilità e dei benefici connessi a un lavoro così gravoso.

Un altro punto di debolezza del sistema AVA riguarda la poca attenzione alla leggibilità esterna delle procedure di assicurazione di qualità e ai suoi output, a discapito di una complessiva trasparenza dell’intero processo. I principali documenti del sistema AVA, inspiegabilmente e in contraddizione con le finalità dell’assicurazione della qualità, non sono pubblici e anche le decisioni in merito all’accreditamento o non accreditamento dei corsi di studio non sono state adeguatamente comunicate. Il risultato è che, a fronte di un rilevante sforzo del personale accademico e degli atenei, i benefici per gli studenti e la collettività sono ancora trascurabili e rischiano di esserlo ancora per il futuro.

A partire dal confronto con le esperienze di alcuni paesi europei e a fronte del rischio che il sistema di AQ scivoli verso l’adozione di procedure solo debolmente connesse ai processi di apprendimento, il rapporto della Fondazione Agnelli propone alcune direttrici per il miglioramento:

• lo spostamento del focus del sistema di accreditamento dai corsi di studio agli atenei (da circa 4300 corsi di laurea a meno di 100 atenei);

• la previsione che la periodicità e l’estensione delle visite siano legate alla robustezza, o meno, del sistema AQ di ateneo;

• l’adozione di criteri di risk assessment per l’esame dei corsi di studio;

• la tempificazione accurata di procedure di follow–up che consentano di raccogliere evidenze rispetto ai miglioramenti intervenuti a seguito delle visite;

• lo snellimento del carico amministrativo mediante la richiesta di stesura del Rapporto di riesame e della Scheda Unica Annuale solo in occasione delle visite esterne;

• l’adozione per ogni corso di studio di un cruscotto di «indicatori sentinella» centrati sui processi di apprendimento degli studenti e sui risultati del percorso formativo, sia per monitorare annualmente la qualità dei corsi di studio stimolando le azioni di AQ a livello di ateneo sia per rendere disponibili pubblicamente evidenze utili a implementare e informare i processi di assicurazione della qualità esterni;

• l’istituzione di un sito web appositamente pensato per studenti e stakeholders con informazioni chiave per ogni corso di studio, compreso il posizionamento relativo sulla base degli indicatori sentinella;

• la previsione di campagne pluriennali su aspetti dell’AQ centrali per gli studenti.

Concludendo voglio rassicurare quei lettori che legittimamente si interrogano sull’opportunità e i rischi di modificare un sistema di assicurazione della qualità dopo appena un paio di anni dalla sua nascita. L’osservazione delle principali esperienze di assicurazione della qualità in Europa e l’esame della letteratura ci rassicurano in proposito. I sistemi di assicurazione della qualità sono frequentemente soggetti a cambiamenti, trasformazioni e miglioramenti. Il motivo è semplice; devono agire su ambiti per loro natura dinamici e in divenire, come l’insegnamento e l’apprendimento, naturalmente esposti al rischio che le procedure valutative si concentrino sull’adempimento piuttosto che sull’effettivo miglioramento della didattica e dei processi di apprendimento. Non dobbiamo temere di sperimentare soluzioni nuove e di lasciarci sollecitare dalle prime evidenze, il pericolo è proprio il contrario: adagiarsi su modelli astratti costruendo macchine amministrative teoricamente ben congegnate ma incapaci di contribuire al miglioramento effettivo della didattica.

Scuola democratica
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