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Il RAV e i PDM: burocrazia o strumenti di apprendimento e miglioramento?

Il RAV e i PDM: burocrazia o strumenti di apprendimento e miglioramento?

di Marco Manariti

Un sassofono può essere usato come fermacarte, per piantare chiodi o per suonare musica sublime. E’ uno strumento. E come tale è neutro. E’ chi lo utilizza che lo fa vivere, è lo scopo e l’intenzione di chi lo agisce che ne costruisce il senso.

Lo stesso accade con tutti i vari strumenti che nel mondo delle organizzazioni, pubbliche e private, si susseguono arrivando da varie parti. Nel caso della scuola il più delle volte vengono “calati dall’alto” e vengono vissuti come nuovi adempimenti da compiere velocemente e distrattamente tra i mille già presenti.

A volte vengono invece “dal basso”, o da proposte che arrivano inaspettate da associazioni, consulenti, innovatori di vario tipo.

E’, forse, il caso del Bilancio Sociale applicato alle scuole di cui sono stato quasi 20 anni fa un ignaro precursore. Sì, perché iniziai la mia esperienza con questo strumento per caso e attraverso il suo utilizzo nel mondo delle grandi banche. Lavorandoci avevo intuito che il valore straordinario di questo strumento non è tanto, o non è solo, il suo utilizzo come strumento di comunicazione esterna. Il suo vero valore è come strumento di valorizzazione e comunicazione interna delle attività svolte e come strumento di apprendimento dalle pratiche, virtuose e non virtuose, in chiave di miglioramento continuo. Da qui il passaggio alle scuole per me fu immediato: chi più delle scuole aveva bisogno di tesaurizzare i tantissimi e straordinari progetti che ogni anno venivano fatti ma che spesso si limitavano a rimanere patrimonio di conoscenza dei singoli docenti e delle singole classi che lo svolgevano? Chi più delle scuole aveva il bisogno di strumenti che restituissero il senso e il valore delle attività svolte? Chi più delle scuole aveva il diritto e il dovere di comunicare al territorio – e con il territorio – l’impatto sociale generato dalle proprie attività istituzionali?

Il passo fu immediato e la mia fortuna grandissima: trovai interlocutori illuminati che si fidarono di me e diedero campo libero. Nel giro di 3 anni (tra il 2002 e il 2005) proposi e realizzai diversi Bilanci Sociali nel mondo delle scuole accumulando, forse per primo in Europa, esperienza di:

Bilancio Sociale di una singola scuola (la scuola media Parri di Roma)

Bilancio Sociale di una rete di scuole (la straordinaria e pioneristica rete di scuole del XIV e XV Distretto Scolastico di Roma)

Bilancio Sociale di un progetto (il primo fu sul decennale del progetto Sapere i Sapori e il suo impatto sul territorio della Regione Lazio. A partire da quell’esperienza di bilancio di progetto ne seguirono molte altre)

Queste le prime esperienze, tutte straordinarie e tutte ricche di persone entusiaste di partecipare a un progetto in cui finalmente si aveva occasione di raccontare le mille cose fatte velocemente e, a volte, quasi senza consapevolezza della grandiosità di ciò che si stava facendo. In effetti il racconto era anche un’occasione per condividere riflessioni a proposito dell’effetto sui ragazzi e ragazze, dell’impatto sul territorio, della fitta rete di partner con cui si lavorava, delle aree di miglioramento su cui poter intervenire e del bisogno, fortissimo, dei collegi dei docenti di avere un riscontro e un riconoscimento dell’enorme lavoro svolto dai singoli docenti e dall’intera struttura scolastica insieme.

I risultati infatti furono straordinari e anche imprevisti. La cosa che più mi colpì all’epoca, fu il momento finale in cui nei collegi venivano illustrati i risultati del Bilancio Sociale: docenti con gli occhi umidi di gioia che mi ringraziavano perché non sapevano che la loro scuola era impagnata in così tante, belle e utili iniziative. Incredibile. Ricordo ancora l’indimenticabile e amata Dirigente Simonetta Salacone che mi disse: “Vedi Marco, il problema della scuola è che tutto inizia a settembre e tutto finisce a giugno. Poi inizia un nuovo anno scolastico dove si riparte da zero e tutto quello fatto non esiste più. Lo sanno solo i singoli docenti che ci hanno lavorato”. Un patrimonio di esperienze dilapidato.

C’è di più. Il vero risultato di questo tipo di lavoro non è solo il momento di comunicazione esterno (verso le famiglie e più in generale sul territorio) e di comunicazione interno (quello appena raccontato).

Il vero valore del Bilancio Sociale è nel processo di realizzazione.

E qui torniamo allo strumento e a come si utilizza. Il Bilancio Sociale, così come il RAV, può essere fatto facilmente da poche persone mettendo insieme un po’ di dati, fotografie e statistiche oppure può essere fatto con l’intenzione di essere uno strumento di coinvolgimento, motivazione e miglioramento di chi fa scuola. Una bella differenza. E non è questione di tempo. E’ questione di organizzazione e di intenzione. Nell’esperienza fatta nei primi anni del duemila arrivammo a modellizzare un format di Bilancio Sociale per le scuole il cui cuore era proprio nel processo di realizzazione. Un processo che può essere fatto dalle scuole. Oggi addirittura potrebbe essere fatto dagli studenti, sotto la supervisione e coordinamento dei docenti. Per esempio potrebbe essere un’attività legata all’alternanza scuola-lavoro e/o interna alle ore del PCTO. Magari gli studenti delle superiori potrebbero farlo anche per le scuole primarie e secondarie di primo grado. Pensate che bella esperienza di avvicinamento dei ragazzi alle scuole e al territorio che sarebbe. Basta volerlo e organizzarsi di conseguenza. E i risultati sono straordinari.

E così si potrebbe:

adempiere alla funzione burocratica del RAV e dei PDM

avere un potente strumento di comunicazione verso il territorio, da valorizzare sul proprio sito, sui social, negli open days ecc.

avere un potente strumento di comunicazione interna

avere una mappa aggiornata degli attori con cui la propria organizzazione si interfaccia

avere una mappa con i propri punti di forza e le aree di miglioramento da utilizzare e aggiornare ogni anno

avere uno strumento su cui fondare la programmazione dei prossimi anni

avere uno strumento che facilita l’inserimento dei nuovi docenti nella scuola

avere un mezzo attraverso cui generare coinvolgimento, rimotivazione e valorizzazione dei docenti e delle loro attività scolastiche e progettuali

Soprattutto si potrebbe avere il più straordinario strumento di sensemaking che una organizzazione possa utilizzare.

Sì, nell’epoca dell’iperinformazione il vero valore aggiunto su cui le organizzazioni devono lavorare è il dare senso alle cose che vengono fatte e questo tema è da sempre un punto debole della scuola e, più in generale, delle attività di pubblico impiego. Non a caso Scuola e Sanità sono i settori in cui il Burn-Out è più forte. Quindi c’è più bisogno di dare senso e valore alle attività fatte individualmente e come struttura organizzativa. Uscire fuori dalle singole celle dell’alveare e rendersi conto della magnificenza dell’intero favo, del lavoro fatto da tutti per realizzarlo e dell’eccellente servizio che viene realizzato.

Allora veramente poi la scuola diventa una Comunità di Pratiche in cui il senso delle proprie attività non è un adempimento burocratico ma un atto d’amore verso gli studenti e di cooperazione con i colleghi.

Il Bilancio Sociale può è essere la chiave di volta per la realizzazione del RAV e dei PDM? Assolutamente sì, senza dubbi. Il RAV e i PDM sono l’incarnazione dell’essenza del Bilancio Sociale che è uno strumento di rendicontazione sociale e di miglioramento interno.

Attraverso i lavori fatti sul Bilancio Sociale (per la singola scuola, per la rete di scuole e/o per progetti istituzionali) abbiamo:

analizzato e reso pubbliche le attività svolte evidenziando le risorse umane, strumentali ed economiche utilizzate, i risultati ottenuti e gli impatti sociali;

favorito il Dialogo Sociale, consolidato e attivato relazioni con diversi Stakeholder, recependo le domande e i bisogni del contesto socio-territoriale;

reso più chiare e trasparenti le azioni svolte verso l’esterno e verso l’interno;

Accresciuto il senso di appartenenza alla propria scuola, facendo sedimentare esperienze e conoscenze, stimolando partecipazione, valorizzando le professionalità e motivando gli interlocutori;

Fatto riflettere le scuole sul proprio modello organizzativo e gestionale, per riprogettare le strategie, riorientare le azioni, intraprendere nuove iniziative e individuare nuovi bisogni e obiettivi da perseguire.

Il Bilancio Sociale è quindi sia uno strumento di autovalutazione interna e sia un’occasione di apprendimento e automiglioramento, oltre che di rendicontazione sociale.

Il Bilancio Sociale, o il RAV, è uno strumento che se ben utilizzato riflette l’organizzazione e che la fa riflettere.

Come abbiamo visto, è l’intenzione che conta: anche il Bilancio Sociale può trasformarsi in un adempimento burocratico o di semplice pubblicizzazione.

Come viene fatto il Bilancio Sociale, il suo processo di realizzazione è il cuore pulsante dello strumento, quello che dà i risultati più intensi e preziosi.

Quindi in fin dei conti è una attività che, se ben fatta, richiede tempo ma ne fa risparmiare molto su altri fronti, oltre che dare corpo, senso e sostanza alle pratiche fatte.

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Scuola democratica
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