Jobs Act e apprendistato. Una semplificazione obbligata in attesa del secondo tempo
di Francesco Pastore ( Professore Aggregato di Economia Politica presso la Seconda Università degli studi di Napoli, research fellow dell’IZA di Bonn e segretario dell’Associazione Italiana degli Economisti del Lavoro)
Con il JobCon il Jobs Act, Matteo Renzi prometteva innanzitutto semplificazione nella disciplina del lavoro e semplificazione è stata. Dopo la furia regolatrice della Legge Fornero, è prevalsa la furia semplificatrice. Con la Fornero la parola d’ordine era flexicurity: per porre un argine a quelle che a molti sembravano semplificazioni eccessive della precedente Legge Biagi, la Legge Fornero prevedeva una serie di vincoli, di sicurezze, quali, ad esempio, la parificazione degli oneri contributivi a carico del datore fra contratti a tempo determinato e indeterminato, l’obbligo di indicare la causale dei contratti a tempo determinato e la cosiddetta “clausola di stabilizzazione legale” anche per gli apprendisti, oltre che per i contratti a termine. In pratica, le imprese non potevano stipulare nuovi contratti senza aver prima tradotto in contratti a tempo indeterminato quelli precedenti.
Anche il cosiddetto Testo Unico dell’apprendistato del 2011 risentiva del clima pro flexicurity, in un certo senso anticipando la Legge Fornero, in quanto all’introduzione di regole più restrittive in materia di contrattualistica del lavoro. Il Testo Unico prevedeva, in particolare, una serie di obblighi formativi per le imprese che assumevano con contratto di apprendistato. Dovevano ricorrere a scuola e università per garantire agli apprendisti una formazione di carattere generale che le imprese non possono e non sanno fornire.
La formazione generale degli apprendisti è materia di interesse anche pubblicistico, oltre che individuale, poiché garantisce una maggiore occupabilità nel lungo periodo, riducendo i costi sociali della disoccupazione, mentre la componente del lavoro è di interesse privatistico del lavoratore e del datore di lavoro. I secondi possono pagare un salario inferiore a quello tipico del contratto di lavoro a tempo indeterminato, data la minore produttività degli apprendisti.
Il problema, in parte imprevisto, era che, per fare la formazione generale in aula, il Testo Unico prevedeva che occorresse concordare con Centri per l’impiego e altri soggetti, quali, ad esempio, le parti sociali e alcune istituzioni sia locali che nazionali, i programmi formativi.
Il modello di riferimento del legislatore, per una volta rappresentato dall’intero Parlamento con voto unanime, era quello duale tedesco, anche se lo seguiva solo in parte. Due erano gli elementi più importanti presi a prestito dall’esperienza tedesca: il riferimento al sistema d’istruzione come parte integrante della transizione scuola-lavoro e il metodo del dialogo sociale. Nel sistema tedesco, non c’è la separazione fra sistema di istruzione e mercato del lavoro che è invece fortissima in Italia. Là, mondo dell’istruzione e mercato del lavoro sono parte di uno stesso sistema di transizione scuola-lavoro. Il dialogo sociale discende anche da questo. Se si riconosce che il problema da risolvere per i giovani non è l’acquisizione solo di maggiore istruzione, ma più in generale di maggiore capitale umano, allora a occuparsene non ci deve essere solo la scuola, ma tutti gli attori sociali. Infatti, il capitale umano è costituito non solo dall’istruzione che si forma nelle aule scolastiche ed universitarie, ma anche dalle competenze lavorative, che si acquisiscono attraverso l’esperienza di lavoro, sia quella generica che quella specifica ad un certo posto di lavoro, che si maturano on-the-job, cioè nell’impresa. Per formare il capitale umano, occorre il dialogo sociale delle istituzioni scolastiche ed universitarie assieme con le parti sociali (sindacati dei lavoratori e unione dei datori di lavoro), i centri per l’impiego e le istituzioni sociali.
Il Testo Unico prevedeva poi il dialogo sociale fra queste istituzioni per la elaborazione dei programmi formativi e degli istituti scolastici e delle università per lo svolgimento della formazione generale in aula. Tuttavia, l’esperienza di attuazione del Testo Unico sull’Apprendistato ha rappresentato un esempio da manuale di quanto dicono gli studiosi del sistema duale tedesco quando, dopo averne illustrato i pregi, passano ai limiti. Il limite principale del sistema duale tedesco – recita ogni buon testo a riguardo – è la difficile esportabilità. Nel caso italiano, il dialogo sociale, che doveva essere coordinato dalle Regioni e dai centri per l’impiego è venuto meno. Solo poche regioni avevano definito e, con gran fatica, i programmi formativi. Era apparso chiaro fin da subito che il dialogo sociale e la programmazione formativa richiedono una lunga esperienza di attuazione. La conseguenza sull’esperienza di attuazione dell’apprendistato, rilevata fin dal primo rapporto di monitoraggio da parte dell’ISFOL1 , è stata disarmante. I contratti di apprendistato sono stati pochissimi, molti meno di quello che si sperava. L’apprendistato risultava chiaro a tutti essere tutt’altro che la door of entry del mercato del lavoro da parte dei giovani. Un po’ a causa del minor costo lavorativo di altri contratti d’ingresso, come tirocini gratuiti e stage, un po’ per gli alti costi burocratici legati alla formazione generale notati ad esempio da Leonardi e Pallini, i contratti di apprendistato sono stati in numero assai minore del previsto.
Il primo provvedimento sul lavoro del Governo Renzi aveva come scopo dichiarato l’attuazione di provvedimenti urgenti che potessero rilanciare a breve l’occupazione dei giovani. Si sta scommettendo sull’idea che riducendo il costo burocratico dell’apprendistato per le imprese, aumenteranno subito i contratti. Le imprese stesse lo hanno chiesto a gran voce e anche molti esperti.
Ogni intervento di riordino delle transizioni scuola lavoro, e quindi anche dell’apprendistato, avrebbe richiesto lunghe mediazioni. La cosa più semplice era eliminare gli obblighi formativi in capo alle imprese che firmano contratti di apprendistato, rinviando ulteriori interventi a data futura.
Resta da vedere se questo sarà sufficiente alla diffusione dell’apprendistato, senza aumentare il costo dei tirocini formativi, degli stage e dei contratti a termine. È una scommessa che vale la pena di tentare, prima di procedere al riordino dei contratti di lavoro e, in particolare, al contratto unico, se vi sarà davvero.
La legge delega prevede che ci sia un riordino. Si spera vivamente che non si butti via il bambino con l’acqua sporca. Forse, in un paese dove il provvisorio tende spesso a divenire definitivo, un’alternativa all’eliminazione tout court della formazione in aula sarebbe potuta venire dalla definizione di programmi di formazione per apprendisti a livello nazionale uguali per tutte le regioni. Ancorché insufficienti nel lungo periodo, avrebbero consentito di far partire il meccanismo dell’apprendistato prima di un riordino successivo più riflettuto in cui i compiti di ciascun attore siano meglio definiti.
Per ora, non resta altro che aspettare il secondo tempo del Jobs Act. Speriamo solo che il secondo tempo venga presto e che affronti in modo deciso anche questa riforma importante. Speriamo che ritorni l’idea che l’istruzione – scuola e università assieme – e la formazione professionale siano considerate come in Germania parte integrante di un unico sistema di transizioni scuola-lavoro. Speriamo ritorni il dialogo sociale, che lo si regolamenti bene per farlo funzionare come strumento per l’avviamento dei più giovani. Speriamo che si rimodelli il sistema dei centri per l’impiego e della formazione professionale, secondo le direttrici che, con alcuni amici, abbiamo indicato altrove 2. Lo richiede anche lo European Youth Guarantee, la garanzia europea per i giovani.
Però, va anche detto che scuole e università, parti sociali e istituzioni locali devono avere uno scatto d’orgoglio e un cambiamento profondo di mentalità. Un esempio che vale la pena ricordare per capire quello che intendo è quello della Provincia autonoma di Bolzano, che adotta da tempo il sistema duale tedesco. Là il Testo Unico sull’apprendistato è stato visto che un intervento importante e utile, che ha fatto aumentare i contratti di apprendistato del 6%. Con ciò voglio dire che se tutti gli attori che fanno parte del sistema delle transizioni scuola-lavoro non si mettono assieme, l’apprendistato non si svilupperà mai, qualunque sia il quadro normativo di riferimento.
1 Altri rapporti Isfol sono scaricabili da qui: http://195.45.129.176:3131/opencms/opencms/ISFOL-IT/Pubblicazioni/Rapporti_monitoraggio_apprendistato.html.
2 .Si vedano anche gli articoli di Giubileo e Pastore su lavoce.info: http://www.lavoce.info/author/francesco-pastore/
3. si veda l’intervista a Blossfeld pubblicata sul n.2/2014 di Scuola Democratica