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Jisseki Kankei: un sistema di transizione scuola-lavoro efficace per i giovani

Jisseki Kankei: un sistema di transizione scuola-lavoro efficace per i giovani

di Eleonora Savy (Laureanda Seconda Università di Napoli)

Introduzione e finalità

Dai dati OCSE del 2009, le sole Germania e Giappone, nonostante le forti crisi economiche, sono riuscite a sviluppare meccanismi capaci di agevolare le transizioni-scuola lavoro e, quindi, a ridurre il fenomeno della disoccupazione giovanile.

La grande capacità del Giappone e della Germania di raggiungere un rapporto minore di due tra disoccupazione giovanile e degli adulti (per l’Italia il valore è maggiore di tre), si deve alle diverse misure adottate dai due paesi in merito alle transizioni scuola-lavoro: rispettivamente il Jisseki kankei per il Giappone e l’apprendistato obbligatorio (sistema duale) per la Germania.

Figura 1. Tassi di disoccupazione dei giovani e degli adulti nei paesi OCSE (2009)

Fonte: Pastore, (2011b)

Questo contributo mira ad analizzare e ad approfondire in modo particolare il tema del Jisseki kankei, richiamando le opinioni di numerosi economisti, allo scopo di sviluppare un approccio critico per comprendere meglio anche alcune difficoltà della transizione scuola-lavoro in Italia.

Come funziona il Jisseki Kankei

Il Jisseki Kankei ha efficacemente limitato il limbo della precarietà dell’occupazione giovanile in Giappone agevolando la transizione scuola-lavoro, nonostante non manchino le critiche a questo sistema.

Tale efficacia si deve unicamente al legame che tale misura tende a sviluppare tra scuola secondaria obbligatoria e mondo del lavoro-imprese, legame che per alcuni è da considerarsi come una sorta di “raccomandazione” del giovane da parte della scuola secondaria obbligatoria alle imprese stesse.

La mission del sistema giapponese è quella di realizzare un “meritocratic job matching process” (Honda, 2003), per il quale gli studenti più meritevoli saranno i primi ad aggiudicarsi la certezza del lavoro a tempo indeterminato.

Aspetti negativi nel sistema Jisseki Kankei

In funzione delle considerazioni appena svolte, è opportuno porsi alcune domande:

– sulla base delle alte capacità richieste dalle imprese quanti, in termini proporzionali, riescono a colmare la radicata incertezza giovanile della precarietà o del lavoro temporaneo?

– quanto il processo meritocratico del Jisseki Kankei può costituire una sicurezza per i giovani, anche nel caso in cui questi non abbiano “Higher grades or higher human capabilities”?

In riferimento ai precedenti punti di domanda, due dei più importanti ricercatori del “Japanese transition system”, Takehiko e Rosenbaum (1989), sulla base di dati empirici, hanno rilevato in diversi studi una limitata garanzia di accesso ai migliori posti di lavoro a tempo indeterminato, dovuta essenzialmente ad una estrema selezione che il Jisseki Kankei richiede in ingresso al mondo del lavoro e che di fatto risulta essere esclusiva prerogativa dei giovani con elevate competenze e alte capacità umane.

In altri termini, i loro contributi tendono all’individuazione di un rapporto bipartitico svantaggioso: alti requisiti richiesti, ma poca garanzia occupazionale giovanile. Il pensiero dei due economisti sovra citati è fortemente condiviso anche da Mitani (2002), che afferma come un limitato 10% dei giovani ottiene in Giappone, entro l’anno di conclusione del periodo della scuola secondaria obbligatoria, un posto di lavoro full time. Ma questo dato è negli anni a venire decisamente cambiato.

Il Giappone, infatti, offre occasioni lavorative ad un terzo dei giovani già alla conclusione della scuola secondaria superiore, facendo si che il job placement non funga solo da agenzia informativa del sistema formativo sul mondo del lavoro (come invece accade nel caso anglosassone) ma che costituisca una risposta valida ed effettiva alla crisi economica per molti giovani.

Aspetti positivi del Jisseki Kankei

Al di là di queste riflessioni, deve essere sottolineata la grande lungimiranza che il Giappone ha dimostrato nel saper agevolare la transizione scuola lavoro, migliorare l’accesso al mondo del lavoro per i giovani (Pastore, 2011a), realizzare uno dei livelli di disoccupazione giovanile minori al mondo (OCSE, 2009) e fortificare il livello d’istruzione (Ariga, 2012).

Diverge dal parere dei tre economisti sovra citati Kondo (2007), il quale nel suo contributo dimostra, sulla base di un’analisi empirica condotta tra i seishain ossia i lavoratori full time e i lavoratori a tempo determinato, la validità del Jisseki Kankei.

La sua efficacia risiede nella capacità del Jisseki Kankei di fungere comunque da incentivo per i giovani “esclusi ” in un primo momento dal lavoro full time, anche se Kondo riconosce un’attribuzione del lavoro a tempo indeterminato solo a pochi eletti nel primo anno dal termine del completamento degli studi della scuola obbligatoria.

Infatti, secondo Kondo, i giovani che non riescono ad ottenere da subito un lavoro a tempo pieno, saranno comunque “incentivati “, per un meccanismo di sana competizione indotta appunto dai colleghi che hanno invece acquisito un lavoro full time, a sperimentare lavori temporanei.

Questo consentirà, nel breve periodo, di avere forti possibilità da parte dei giovani di ottenere un lavoro a tempo indeterminato, in funzione del capitale umano che saranno riusciti a sviluppare e/o ad ampliare nel periodo di job shopping, permettendo l’eliminazione del gap preesistente e consentendo ai giovani inizialmente esclusi dal lavoro full time di intraprendere un secondo step, al fine di ambire a nuove ed ottimali esperienze lavorative.

La teoria di Kondo abbraccia fortemente l’idea di Ryan, per cui la durata della disoccupazione è da attribuire in parte alla capacità del giovane di trarre vantaggio dalle esperienze affrontate (anche se negative).

Last but not least, il Jisseki kankei è riuscito anche a migliorare il sistema d’istruzione del paese. Come rileva Ariga (2012), circa il 98% degli studenti Giapponesi intraprendono il percorso di formazione obbligatoria e circa il 50% di questi completano gli studi in college prestigiosi.

Ciò è dovuto alla capacità, tramite il Jisseki Kankei, di incentivare i giovani ad investire nello studio (riconoscendo in esso una concreta finalizzazione nel mondo del lavoro) e ad acquisire conoscenze sempre maggiori, in un percorso virtuoso di work in progress che li favorirà nell’attribuzioni di posti di lavoro non temporanei (primo traguardo per i giovani inizialmente esclusi dal lavoro a tempo indeterminato), ma anche con competenze (e remunerazioni) crescenti, con evidente valenza competitiva anche nei confronti dell’attuale mercato globale.

Il Caso Italiano

Questi dati rendono purtroppo ancora più critica, in un confronto tra paesi-misure adottate, la situazione Italiana, dove la poca agilità e credibilità del sistema transizione scuola-lavoro costituiscono di fatto l’anello debole del nostro ordinamento, producendo sia precarietà lavorativa che disoccupazione giovanile. Attualmente in Italia un giovane medio, come rilevato dall’OCSE, conclude il passaggio dal sistema istruzione-lavoro tempo indeterminato in circa 44,8 mesi, quattro volte in più rispetto alla stima Eurostat (Pastore, 2015).

Una parte di responsabilità dei dati negativi Ocse relativi all’Italia è sicuramente dovuta al sistema d’istruzione italiano, che poco incentiva gli studenti ad accrescere le conoscenze pratiche oltre che teoriche all’interno di quel sistema virtuoso che invece esiste nel sistema scuola-lavoro Giapponese.

Processo virtuoso come visto imprescindibile al fine di migliorare la transizione scuola-lavoro, con positive ripercussioni sul mercato del lavoro.

Bibliografia

Ariga, K., M. Kurosawa, F. Ohtake e M. Sasaki (2013), “How do high school graduates in Japan compete for regular, full -time jobs”, The Japanese economic review, (3): 348-379.

Honda, Y. (2003) , “The Reality of the Japanese School-to-Work Transition System at the Turn of the Century: Necessary Disillusionment”, Social science Japan, (25): 8-12.

Kondo, A. (2007), “Does the first job really matter? State dependency in employment status in Japan”, The Journal of the Japanese and International Economies, 21(3): 379-402.

Mitani, N. (1999), “The Japanese employment system and youth labour market”, The Science Direct, (3): 305–328.

Takehiko, K., E. Rosenbaum (1989), “From high school to work: Market and institutional mechanisms in Japan”, American Journal of Sociology, 94(6): 1334–1365.

Pastore, F. (2011a), Fuori dal tunnel, Giappichelli, Torino.

Pastore, F. (2011b), “Dalla scuola al lavoro, passaggio difficile”, lavoce.info, 13 settembre.

Pastore, F. (2015), “Il tempo perso dei giovani italiani”, lavoce.info, 31 luglio.

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