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La competenza organizzativa del dirigente scolastico

La competenza organizzativa del dirigente scolastico

di Licia Cianfriglia (vicepresidente nazionale ANP– Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola)

Si è svolto lo scorso 3 aprile a Frascati, nella suggestiva cornice dell’Auditorium Scuderie Aldobrandini, il Convegno “SCUOLA E MANAGEMENT – Competenze per governare il cambiamento”, organizzato dall’Istituto Italiano di Project Management in collaborazione con ANP – Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola, INDIRE, INVALSI e col Patrocinio del Comune di Frascati (scarica locandina).

Focus dell’iniziativa era la riflessione, da punti di vista diversi, sulla competenza organizzativa richiesta oggi al dirigente della scuola per governare l’istituzione che presiede, in un contesto di continua trasformazione e di progressivo aumento di complessità. Presupposto è la constatazione che il profilo del dirigente della scuola ha subito un’evoluzione di contenuto e posizionamento che rende indispensabili, così come per il sistema generale del management pubblico e privato, elevate capacità di risposta a continue istanze e sollecitazioni di natura sempre diversa e, nel caso in esame, spesso con carattere di emergenza. E’ evidente che il job profile del dirigente della scuola debba essere descritto secondo un modello di competenze ampio, che tenga conto di apporti e dimensioni anche molto diverse tra loro, nessuna delle quali può essere considerata caratterizzante ed esclusiva. La competenza organizzativa è, però, quella per la quale si avverte maggiormente la distanza tra la professionalità di origine, quella docente, e quella di approdo e costituisce uno dei tratti comuni a tutto il sistema manageriale, sia pubblico che privato.

I contributi iniziali di Alessandro Quagliarini, Massimo Pirozzi e Eugenio Rambaldi di ISIPM hanno delineato gli aspetti caratterizzanti del Project Management, come disciplina che aiuta a gestire in modo rigoroso progetti complessi, attraverso la pianificazione ed il perseguimento di obiettivi specifici e misurabili all’interno di un sistema di vincoli finanziari, normativi, gestionali e la valorizzazione delle competenze comunicative e relazionali. In questo contesto, è stato argomentato come acquisti centralità la considerazione degli stakeholder interni ed esterni all’organizzazione e una vera e propria disciplina di stakeholder management, della quale è stato illustrato il paradigma. E’, inoltre, emersa la necessità di procedere verso un sistema preposto alla mappatura delle competenze manageriali anche dei dirigenti della scuola, per un riconoscimento tramite un modello di certificazione di competenze in ottica di bilancio individuale e autosviluppo, per un continuo miglioramento dello skill set.

L’intervento di Rembado, presidente ANP, ha approfondito l’esame dei fattori che fanno del dirigente della scuola uno “specialista del generale” e che dunque, a pieno titolo consentono un parallelismo stretto tra questa figura e quella del manager pubblico o privato, sulla base di una comune modalità di espletazione del ruolo attraverso l’esercizio di autonomia, responsabilità e autosviluppo e del comune possesso di soft skill, ovvero competenze orizzontali che fanno leva sulle attitudini e sul loro allenamento.

In primo luogo va tenuto in considerazione il fattore dimensionamento, ovvero il mutamento profondo della fisonomia delle istituzioni scolastiche, che ha portato nell’arco degli ultimi venti anni al dimezzamento del numero delle scuole, a parità di numero di sedi, alunni e personale da amministrare. Ciò ha determinato un cambiamento del modello di dirigenza che, da una relazione diretta e in presenza, nella quale si era in grado di dare risposta ai problemi all’atto del loro presentarsi, si è trasformato in un’azione fondata sulla capacità di prevedere il verificarsi di situazioni problematiche e di individuare in anticipo soluzioni e procedure per fronteggiarle. Nell’impossibilità di essere presente nella molteplicità di sedi assegnate, il dirigente deve potenziare la sua competenza organizzativa, che richiede attente capacità di analisi e valutazione e accurata stima di costi e benefici delle diverse soluzioni. Diventa strategico l’esercizio ampio di delega e il ricorso a strumenti di verifica a distanza e di tecniche di modellizzazione e di controllo di gestione.

Il secondo fattore cruciale è costituito dalle risorse, sinteticamente esplicitato dalla necessità di ‘fare sempre di più con sempre di meno’, col vincolo ossessivo del “senza maggiori oneri di finanza pubblica” e con il continuo aumento delle responsabilità in ambiti delicati e complessi quali la trasparenza, l’anticorruzione, la sicurezza, gli appalti, la formazione del personale e altro ancora. Insomma, organizzare in modo sempre più efficiente disponibilità scarse ed operare scelte selettive, nell’impossibilità di disporre di risorse adeguate per metter mano ad ogni cosa, quasi che autonomia corrisponda ad arte di arrangiarsi.

Ultimo fattore preso in esame è quello della sostenibilità della leadership, ovvero la necessità che un dirigente possa far crescere attorno a sé un middle management in grado di collaborare con lui nel quotidiano e che possa in prospettiva assicurare un qualificato ricambio della dirigenza. Questo lavoro di coaching e di empowerment dovrebbe, diversamente da quanto ora accade, trovare riscontro in adeguate procedure di assunzione, che prevedessero la validazione da parte del dirigente delle esperienze di collaborazione e di lavoro in funzioni strumentali al POF e il riconoscimento ai fini di un vero sviluppo di carriera.

Un quadro, quello delineato da Rembado, da cui è emerso con evidenza il fatto che la figura del dirigente della scuola di oggi non può prescindere da una formazione manageriale, che metta al centro delle sue competenze la cultura organizzativa.

Donatella Poliandri, ricercatrice INVALSI, ha passato in rassegna le modalità di valutazione nella scuola realizzate in Inghilterra e Germania e quelle costruite e condotte in via sperimentale in Italia, anche relativamente alla figura del dirigente. Per queste ultime in particolare, l’intervento ha messo in luce come il fallimento di ciascuna di esse sia connesso alla mancata definizione, in ambito del sistema scolastico italiano, di un profilo della dirigenza fondato su comportamenti osservabili e comparabili e sia altresì dovuto alla difficoltà di scindere le componenti di performance organizzativa da quelle di performance individuale. A suo dire, per la crescita di una cultura valutativa e di una corretta pratica di valutazione all’interno delle scuole italiane è ancora necessaria una riflessione conoscitiva.

L’auspicio è che alla riflessione e all’approfondimento dell’indagine, si affianchi anche la prosecuzione dell’azione valutativa, sia pure in via sperimentale, perché siamo convinti che solo attraverso esperienze e correzioni migliorative si possa concretamente procedere alla definizione di un modello di valutazione della performance manageriale funzionale alla piena consapevolezza e al completo esercizio del ruolo.

Scuola democratica
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