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Pratiche non prediche

Pratiche non prediche

di Orazio  Niceforo

[l’articolo che segue risponde alla chiamata al DIBATTITO EDUCAZIONE CIVICA ORA. Per vedere l’articolo di avvio del dibattito clicca QUI  ]

Anch’io, come Giunio Luzzatto e gli altri in questo dibattito, vorrei svolgere qualche considerazione sull’attuazione della legge 20 agosto 2019, n. 92, “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”, (v. http://integrazionescolastica.it/upload/art1482/Legge%20n.%2092.pdf ).

Va intanto ricordato che quella legge è stata approvata in via definitiva dal Senato il 1° agosto 2019 con una maggioranza di 193 voti favorevoli e 38 astenuti nello stesso testo già approvato dalla Camera tre mesi prima con nessun voto contrario e soli 3 astenuti. Si tratta cioè di una legge che ha ricevuto un consenso pressoché unanime, ben riflesso nelle parole dei due deputati della Lega Massimiliano Capitanio e Angela Colmellere, rispettivamente primo firmatario della proposta di legge e relatrice alla Camera sul testo unificato, frutto della convergenza di diverse proposte di legge.

È con orgoglio che possiamo dire che regole, diritti e doveri tornano con più forza sui banchi di scuola ad accompagnare la crescita dei nostri bambini e ragazzi. Questa era una legge attesa da oltre un decennio e che non era più rimandabile. Fermare le lancette dell’orario scolastico per parlare di Costituzione, di legalità, di ambiente, di educazione digitale è un atto di buonsenso e, per usare le parole di Aldo Moro che volle per primo l’educazione civica, è uno splendido modo per ‘pulire il futuro’ dei nostri giovani. In questo mondo spesso privo di valori, è più che mai urgente riacquistare consapevolezza di cosa significhi il rispetto verso gli altri e verso la vita, ecco perché si deve ricominciare proprio dalla scuola. Grazie ai ministri Bussetti e Salvini per aver attivamente sostenuto questo provvedimento e a tutte le forze di maggioranza e minoranza per aver collaborato alla stesura di una legge che appartiene a tutti“.

Un elenco sterminato

L’unanimità è fondata sul fatto che nelle 33 ore annue con voto in pagella di questo nuovo/vecchio insegnamento, che recupera la denominazione voluta da Aldo Moro nel 1958, le diverse forze politiche hanno via via inserito, sommandoli, i loro contenuti e obiettivi, come si vede bene scorrendone l’elenco: Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale; Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015; educazione alla cittadinanza digitale; elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro; educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari; educazione alla legalità e al contrasto delle mafie; educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni; formazione di base in materia di protezione civile.

Non basta. La legge aggiunge che nell’ambito dell’insegnamento “trasversale” dell’educazione civica sono promosse anche l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza, nonché l’educazione alla cittadinanza digitale. Si prevede inoltre, infine, che l’insegnamento sia integrato con esperienze extra-scolastiche, a partire dalla costituzione di reti anche di durata pluriennale con altri soggetti istituzionali, con il mondo del volontariato e del Terzo settore, con particolare riguardo a quelli impegnati nella promozione della cittadinanza attiva.

Data la molteplicità dei contenuti e degli obiettivi non è previsto un insegnante ad hoc. Il testo stabilisce infatti che nelle scuole del primo ciclo l’insegnamento dell’educazione civica sia affidato in contitolarità, mentre nelle scuole del secondo ciclo sia affidato ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili nell’ambito dell’organico dell’autonomia. Si stabilisce infine che per ciascuna classe sia individuato, tra i docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica, un docente con compiti di coordinamento.

L’educazione civica in cerca di identità

Per tanti anni e per tante volte si è provato, a partire dal 1958 – anno di approvazione della legge istitutiva dell’educazione civica (EC), voluta da Aldo Moro, allora ministro della pubblica istruzione – a dare consistenza a questo insegnamento, ma malgrado l’impegno di molti, e in primo luogo di Luciano Corradini, che è stato anche sottosegretario alla PI, l’EC in Italia non è mai decollata.

La contesa tra chi la considerava una disciplina come le altre, da definire nei contenuti e nello spazio orario, e chi la concepiva come una tematica trasversale a tutte le discipline, ha finito per renderne incerta l’identità e il ruolo. La legge 92/2019 ha infine optato per la trasversalità dell’insegnamento, ma l’enorme quantità di contenuti e obiettivi rischia di renderlo di nuovo evanescente.

Di qui il tentativo degli ultimi due ministri, entrambi espressi dal Movimento 5 Stelle, e dell’on. Valentina Aprea (Forza Italia) dall’opposizione, di ancorare l’EC a una tematica interdisciplinare/trasversale forte. Ha cominciato l’ex ministro Lorenzo Fioramonti individuando tale tematica nell’educazione ecologico-ambientale.

Intervenendo a metà dicembre 2019 alla COP 25 di Madrid, dieci giorni prima di dimettersi, aveva dichiarato che “Il Governo Italiano sta lavorando per fare dello sviluppo sostenibile il marchio distintivo di ogni insegnamento che i ragazzi riceveranno nelle scuole”, “lo stesso approccio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu: sostenibilità economica, sociale e ambientale. Dobbiamo fare in modo che questo diventi il marchio distintivo di ogni modello di istruzione. Lo renderemo obbligatorio, in ogni scuola, ad ogni livello, dall’inizio alla fine del percorso della scuola dell’obbligo; ed abbiamo introdotto la stessa cosa nel primo anno di università“.

Ma l’ex ministro Fioramonti, che pur abbandonando la guida del Ministero riteneva comunque di aver ormai già vinto la sua scommessa sulla reinterpretazione in chiave ecologico-ambientalista dell’EC, è forse rimasto troppo poco tempo a viale Trastevere per avere piena consapevolezza della complessità e dei tempi lunghi delle innovazioni di tipo ordinamentale.

E infatti il ministro (ministra) che a gennaio 2020 ha preso il suo posto, la sua compagna di militanza politica Lucia Azzolina, ha compiuto una scelta diversa, individuando il nucleo essenziale dell’EC nell’educazione digitale. In un’intervista rilasciata il 29 gennaio 2020 al ‘Blog delle Stelle’, il blog ufficiale del M5S, ha detto che la tematica dell’educazione digitale è “importante come l’educazione ambientale“, e che anzi le Linee guida per le scuole, in corso di elaborazione, “avranno l’obiettivo di dare agli studenti elementi per poter analizzare l’affidabilità delle fonti di ciò che si trova sul web; informarsi e partecipare attivamente al dibattito pubblico digitale; conoscere le norme anche di comportamento da osservare nell’ambito delle tecnologie digitali; gestire la propria identità e la propria reputazione digitale; proteggere sé e gli altri da eventuali pericoli“, per esempio dal cyberbullismo.

Un orientamento analogo è stato espresso anche da Valentina Aprea, capogruppo in commissione Cultura della Camera per Forza Italia, che ha proposto l’insegnamento obbligatorio del coding a tutti i livelli di scuola.

Un dubbio e un suggerimento

È possibile dunque, considerato anche il rilievo che le TIC hanno assunto nella didattica a distanza in questi mesi di emergenza, che l’educazione digitale, assieme se non ancor più di quella ambientale, trovi spazio nelle attività di EC che da settembre 2020 interesseranno l’intero corso di studi, a partire dal coding nella scuola primaria.

Quella di cui si parla di meno, ma che dovrebbe essere la principale finalità dell’EC, è l’educazione alla cittadinanza democratica, che si fonda sulla conoscenza e sul rispetto delle regole di convivenza frutto di una maturazione personale legata a pratiche esperienziali più che alla conoscenza di norme che se non diventano vita vissuta restano astratte, mute.

La mia opinione è che, al netto della conoscenza di alcuni principi basilari della nostra Costituzione, come per esempio il principio di uguaglianza, la libertà di pensiero, il pluralismo politico, l’imparzialità della giustizia, la solidarietà politica, economica e sociale – principi peraltro citati anche nella legge torrenziale legge n. 92/2019 – l’EC per essere davvero efficace non dovrebbe essere insegnata ma praticata, incidere sui comportamenti, diventare norma interiorizzata.

Il dubbio è che l’EC, che dovrebbe trovare il suo coordinamento regolativo nelle 33 ore, possa davvero adempiere a tutte queste funzioni. Serve una forte sinergia tra i docenti e serve tempo.

Per questo, almeno per quanto riguarda la scuola secondaria superiore, andrebbe incoraggiata, con la ripresa delle attività scolastiche a settembre, l’utilizzazione dei ‘Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento’ (PCTO, la sigla che ha sostituito l’ASL, Alternanza Scuola Lavoro) in forma di esperienze di EC praticate.

I PCTO occupano lo spazio orario indicato nella Legge di Bilancio 2019, sensibilmente ridotto rispetto a quello previsto dalla Buona Scuola ma comunque ancora abbastanza consistente, se confrontato con quello di altre discipline e con le 33 ore annuali dell’EC: non meno di 210 ore negli ultimi tre anni degli istituti professionali, di 150 ore negli istituti tecnici e di 90 nei licei, e viene anche ribadito che “l’istituzione scolastica nella sua autonomia può realizzare i PCTO anche per un periodo superiore“.

Le Linee guida, emanate nel settembre 2019 e già operative, occupano 68 pagine, 29 delle quali contengono sette allegati, compresi un modello di convenzione, un modello di Patto formativo e la scheda per la valutazione dell’esperienza da parte dello studente. Molto spazio è riservato all’educazione all’imprenditorialità e all’impresa formativa simulata (IFS), cioè alla valenza dei PCTO più legata al valore formativo del lavoro, ma c’è posto anche per il Service Learning, definito come “proposta pedagogica, metodologica e didattica che consente allo studente di apprendere (Learning) attraverso il servizio alla Comunità (Service), ossia di imparare misurandosi con i problemi realmente presenti nel proprio contesto di vita“.

Le Linee guida richiamano anche la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti (elencati in modo circostanziato) e il Patto educativo di corresponsabilità, con riferimento alla “responsabilità genitoriale nel rapporto con l’istituzione scolastica e nelle realizzazione dell’offerta formativa“.

Vengono dettagliatamente indicate, anche attraverso grafici e tabelle, le competenze trasversali, con particolare riferimento alla declinazione delle quattro che occupano uno spazio centrale anche nel quadro europeo delle competenze chiave: la competenza personale e sociale, che comprende la capacità di imparare a imparare; la competenza in materia di cittadinanza; la competenza imprenditoriale; la competenza in materia di “consapevolezza ed espressione” (Cultural awareness and expression).

Se la legge, da una parte, ha ridimensionato lo spazio per le attività di PCTO rispetto a quanto previsto dalla legge 107/2015 (Buona Scuola), dall’altra ha anche riaffermato il valore educativo delle esperienze, rafforzandone la valenza orientativa e accreditando il Service Learning (al quale è dedicato uno degli allegati alle Linee guida) come positiva proposta pedagogica e didattica anche per il suo carattere di servizio alla Comunità.

Un’attività, si legge nelle Linee guida, che anche per la sua intrinseca natura interdisciplinare prevede “un pieno coinvolgimento del corpo docente;  la partecipazione dello studente e del gruppo classe nell’attività di collaborazione con le istituzioni e le associazioni locali (professionali e di volontariato); il ruolo attivo dello studente nelle diverse fasi: ideazione, valutazione, realizzazione; la responsabilità sociale della scuola nel realizzare esperienze di cittadinanza attiva; l’impegno a promuovere processi di trasformazione personali e sociali nella dimensione curricolare“.

Obiettivi formativi che rientrano nel quadro delle finalità dell’EC nella sua dimensione di educazione praticata (e non solo predicata) alla cittadinanza democratica, e che opportunamente occupano uno spazio importante nella prova orale dell’esame di maturità. È auspicabile che le scuole, nella loro autonomia, si avvalgano largamente di questa opportunità.

Si ricorda che il numero speciale di Scuola Democratica dedicato a Education and Postdemocracy è on line e gratuito. Per accedere cliccare QUI

Si ricorda che gli Atti della conferenza EDUCATION AND POST-DEMOCRACY 2019 sono on line e gratuiti. Per accedere cliccare QUI

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