di L. Benadusi, V. Campione, A. Viteritti –
Su Learning4abbiamo dato spazio a una discussione sulla Buona Scuola che si è svolta in due fasi, prima sul documento proposto alla consultazione dal ministro e poi sul d.d.l. presentato alle camere. Ora il momento è quello di aprire una terza fase di dibattito per fare un passo più netto in direzione dell’approfondimento e della valutazione delle prospettive che, dopo l’approvazione della legge, paiono aprirsi per la scuola italiana.
di Ivana Summa (Esperta CIDI) in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola –
Gestire una scuola non coincide tout court con l’amministrarla, bensì con l’organizzare tutte le risorse- quelle disponibili e quelle da acquisire – verso le finalità istituzionali. E’ necessario chiederci se, dopo un quindicennio di autonomia scolastica, non sia giunta finalmente l’ora di cambiare rotta a cominciare proprio dai capi d’istituto. Proviamo allora ad analizzare i riferimenti normativi esistenti e poi quelli contenuti nel ddl citato. Possiamo trasformare le fattezze del capo d’istituto ma se davvero vogliamo che sia in grado di agire in modo efficace è necessario un coerente quadro di sistema.
di Paolo Ferratini (esperto di sistemi scolastici) in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola –
Se molto poche erano fin dall’inizio le possibilità che il Parlamento potesse varare il ddl scuola in tempo utile per il prossimo a.s., ora possiamo dire con certezza che ciò non avverrà. La scelta di Renzi è invece stata un’altra, frutto, a me sembra, di due considerazioni distinte, dettate l’una dalla prudenza, l’altra dall’astuzia.
Si riapre il dibattito. Dopo il confronto sul documento “La buona scuola” è tempo di discuterne lo sviluppo avvenuto con il disegno di legge delega del governo che dà uno sbocco sul piano normativo al processo avviato da quel documento e proseguito con la consultazione e con le ulteriori elaborazioni ministeriali.
di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi) –
Perché il piano straordinario di assunzioni si materializzi il prossimo 1 settembre, i lavori parlamentari dovrebbero essere velocissimi, non più di qualche settimana. Ci sono però punti caldi che obbligano alla massima attenzione.
di Anna D’Auria (Dirigente Scolastico I.C. “Via Cassia Km 18.700″ di Roma) Commento all’articolo “Come si finanzia la Buona Scuola” di Francesco Pastore pubblicato su Learnig4
Nell’ evidenziare lo stretto rapporto esistente tra PIL e declino del sistema scolastico italiano, l’articolo di Pastore avanza valide ipotesi che integrano quelle già presenti nella Buona Scuola per evitare sprechi e trovare risorse aggiuntive per l’attuazione del piano di riforma del Governo Renzi. Tuttavia con uno sguardo tutto interno al mondo della scuola, in relazione ai diversi aspetti affrontati nell’articolo, vorrei condividere alcune osservazioni.
di Francesco Pastore (Professore Aggregato di Economia Politica presso la Seconda Università degli studi di Napoli) –
Il prossimo 3 marzo 2015 è prevista la discussione dei provvedimenti collegati alla Buona Scuola. Learning 4 ne ha parlato abbondantemente in diversi autorevoli interventi nelle scorse settimane. Uno dei punti più discussi è quello dei dubbi su dove trovare le risorse per finanziare la buona scuola. Questo editoriale riflette brevemente sulle proposte presentate dallo stesso governo ed avanza alcune ipotesi aggiuntive.
di Associazione TreeLLLe –
Il documento sulla “buona scuola” è molto ricco di stimoli e proposte su diversi argomenti. TreeLLLe lo apprezza nel complesso ed intende appoggiarlo in ogni sede pubblica. Ritiene però utile soffermarsi in questa sede su alcuni aspetti, quelli sui quali più si è esercitata in passato la sua ricerca e riflessione.
di Ivana Summa (Esperta CIDI) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” –
Senza un riassetto dei poteri e delle responsabilità all’interno delle singole scuole non può esserci una “buona scuola”. Si rende necessaria una contemporanea e coerente ridefinizione dei ruoli professionali e, in particolare, di quello del docente. Non c’è traccia di tutto ciò nel documento della “buona scuola”.
di Fiorella Farinelli (esperta di sistemi scolastici e formativi) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione”-
Nel caso del documento “La Buona Scuola” non è facile una “buona” discussione. Certi silenzi del questionario attrezzato per la consultazione fanno perfino sospettare che non interessi granché l’approfondimento di alcuni dei nodi più importanti. O che non se ne siano previste le complessità politiche e tecniche. E’ utile tuttavia provare a piantare qualche chiodo.
di Paolo Landri (CNR-IRPPS) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” –
Le decisioni del governo in materia di istruzione, ed in particolare quelle contenute all’interno della legge di stabilità, rendono sempre più esplicito il senso della strategia politica del documento ‘La Buona Scuola’ di Renzi/Giannini. Il documento, d’altro canto, non dà adito a dubbi: dedica, infatti, metà dell’attenzione agli insegnanti e condisce il resto con indicazioni generiche riguardanti i curricula, l’introduzione delle nuove tecnologie, l’edilizia scolastica, i meccanismi di finanziamento, la valutazione, etc. L’effetto è una trama a maglie larghe che lascia ‘buchi vistossimi’.
di Giorgio Allulli (esperto della Rete Europea EQAVET) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” –
Il documento sulla buona scuola contiene molte idee condivisibili, che però vengono smentite alla prova dei fatti. L’esempio più clamoroso proviene dal disegno di legge di stabilità, che abolisce le commissioni esterne agli esami di maturità per ritornare alle commissioni interne, smentendo tutte le parole chiave de “La Buona scuola”.
di Massimo Negarville (Presidente di Formazione ’80) in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione” – Il documento La Buona Scuola giustamente sottolinea che: “In Italia abbiamo 700 mila disoccupati tra i 15-24enni, e 4 milioni 355 mila ragazzi che non studiano, non lavorano, non sono in formazione (c.d. NEET), in grossa parte alimentati da una dispersione scolastica tra le più alte d’Europa (17,6%)”. Le proposte che il documento avanza vogliono evitare in futuro che questa situazione rimanga e si perpetui: nobile e condivisa intenzione, ma la scuola italiana può fare qualcosa per coloro che sono oggi in questa situazione o questo problema non la riguarda?
Invito al dibattito di La Direzione di Scuola Democratica –
Il documento del Governo intitolato alla Buona scuola è un punto di partenza per una discussione generale di cui si sentiva il bisogno. Il primo suggerimento, quindi, è di misurarsi sulle singole questioni presenti nel documento per articolare e approfondire l’analisi e, soprattutto, per avanzare proposte. Analogamente è necessario procedere per quanto riguarda le questioni (e ce ne sono) di cui il documento non parla e che invece è utile o addirittura necessario affrontare.
di Marco Manariti (Responsabile Forma Mentis Innovazione e Sviluppo)
Quanto costa rinunciare ai nostri talenti? Il Decreto lavoro, le previsioni europee e le possibili risposte alla fuga di talenti
di Elvio Petrecca (docente di scuola secondaria di I grado)
Aspettando la costruzione di nuove scuole e interventi legislativi che modificano l’attuale vergognosa situazione, attualmente molti studenti italiani frequentano scuole fatiscenti ammassati in “classi pollaio” pericolose per la loro integrità fisica e inadeguate per garantire il diritto all’istruzione.
di Francesco Pastore ( Professore Aggregato di Economia Politica presso la Seconda Università degli studi di Napoli, research fellow dell’IZA di Bonn e segretario dell’Associazione Italiana degli Economisti del Lavoro)
Nel primo tempo, il Jobs Act semplifica l’apprendistato, eliminando l’obbligo formativo in aula. Il governo spera di spingere così le imprese a usarlo di più subito, ma nel secondo tempo è meglio tornare al modello tedesco.