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Buona scuola: ma qualcuno ha pensato alla sua fattibilità?

Buona scuola: ma qualcuno ha pensato alla sua fattibilità?

di Giorgio Allulli (esperto della Rete Europea EQAVET)

In risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola

A 16 anni dal varo della legge sull’autonomia scolastica, il Ddl della Buona Scuola intende dare gambe al provvedimento del 1999 soprattutto attribuendo ai singoli istituti (ed ai presidi che le dirigono) maggiori poteri riguardo al reclutamento ed all’utilizzazione dei docenti ed alla loro valutazione; e sicuramente reclutamento e valutazione del personale sono due leve strategiche per far funzionare qualunque organizzazione. Per realizzare questo obiettivo viene scardinato il tradizionale meccanismo dell’organico costituito sulle classi e viene introdotto l’organico dell’autonomia, che si costituisce a partire dai piani triennali di istituto e dal conseguente reclutamento dei docenti che vengono attinti dalle liste territoriali.

Il disegno di legge contiene poi il previsto reclutamento straordinario dei docenti delle GAE ed una serie di altre disposizioni rilevanti, tra cui quelle in particolare volte a rafforzare il rapporto tra istruzione e mondo del lavoro. L’ampiezza della proposta governativa viene confermata dalla previsione di ben 13 decreti legislativi, che riguardano una serie di materie per la cui definizione il governo prevede 18 mesi di lavoro.

L’obiettivo del rafforzamento dell’autonomia della scuola era già ben presente nel primo documento ministeriale, che venne presentato a settembre 2014 e successivamente sottoposto a discussione. Tuttavia nel tempo intercorso fra la sua iniziale presentazione e la sua consegna finale al Parlamento sono intervenuti cambiamenti molto importanti, che ne hanno modificato radicalmente gli aspetti attuativi; molti di questi cambiamenti sono stati introdotti nelle un po’ convulse settimane precedenti e successive alla presentazione del testo al Consiglio dei Ministri, prima della sua consegna al Parlamento. Ne è uscito molto rafforzato il ruolo del Dirigente scolastico, nella evidente intenzione di renderlo simile a quello di qualunque dirigente di un’azienda privata, che ha ampio potere discrezionale riguardo al reclutamento del personale ed alla sua valutazione. L’impressione che emerge dalla lettura del testo è che questo obiettivo, di per sé condivisibile (tutte le ricerche concordano sull’importanza strategica del ruolo del preside per assicurare la qualità dell’istituto, e dunque una sua responsabilizzazione appare necessaria) sia stato però perseguito in modo frettoloso, senza considerare i diversi aspetti legati alla fattibilità dei processi introdotti nell’attuale contesto normativo della scuola e del pubblico impiego.

La scuola è un sistema molto complesso, ed allora ogni innovazione va introdotta pensando alla percorribilità, ed ai possibili effetti che produce sulle diverse componenti del sistema. In questo caso non mi sembra che questo sia stato fatto.Gli interrogativi sono tanti; ci limitiamo a ricordare i principali.

Il primo interrogativo riguarda l’organico dell’autonomia. L’attuale organico della scuola si forma su standard ben precisi, a partire dal numero degli alunni che si iscrivono e delle classi che si vengono di conseguenza a formare. Su quali standard si fonderà il futuro organico dell’autonomia? La domanda non è da poco, perché la scuola, che dovrà presentare le sue proposte all’USR, avrà necessità di punti di riferimento per dimensionare le sue richieste. Nel Ddl si dice solo che la richiesta delle scuole verrà valutata in termini di compatibilità economico-finanziaria dall’USR e poi dal Ministero (che evidentemente non si fida in pieno degli USR) sulla base (o nei limiti) delle risorse disponibili a legislazione vigente, ma non si forniscono criteri precisi alle scuole per presentare le loro richieste. Solo per quanto riguarda l’organico dei posti comuni e di sostegno c’è un vago richiamo nel Ddl al monte orario degli insegnamenti (che può costituire una linea guida per la sua costituzione), ma niente si dice a proposito della possibile estensione dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa. Quanti potranno essere? Il 5% in più dell’organico-base? Il 10% in più? Il Ddl nulla dice in proposito, ma rimanda solo alla copertura finanziaria del provvedimento, che però non fornisce indicazioni alle scuole in termini di organico supplementare disponibile a livello nazionale, territoriale e di classe di concorso. Dunque, a meno di ulteriori precisazioni a regolamenti, le scuole dovranno presentare le loro richieste al buio. Né si sa con quali criteri verranno soddisfatte le richieste delle scuole nel caso di una richiesta eccessiva rispetto alle disponibilità. Quello che è certo (ma era apparso subito evidente) è che l’obiettivo di evitare il riformarsi delle supplenze grazie all’organico aggiuntivo non è realizzabile a causa della segmentazione delle discipline.

Il secondo interrogativo riguarda il processo di reclutamento, che si invertirà rispetto ad oggi: non saranno più i docenti a scegliere la scuola, ma i presidi a scegliere i docenti, attingendoli sia dagli albi territoriali che dalle altre scuole. Con questi docenti verrà stipulato un contratto triennale. Quali saranno gli strumenti ed i criteri a disposizione dei presidi per effettuare la scelta? Il Ddl non fornisce indicazioni in proposito, se non quello della pubblicità dei criteri adottati per scegliere i docenti e degli incarichi assegnati. Verrà emanato un bando a livello di istituto? Oppure verrà istituita una commissione per scegliere i docenti dall’albo territoriale (com’era nella prima versione del Ddl)? La strada più ragionevole sembra essere quella di richiedere ai docenti interessati ad insegnare in una certa scuola di inviare il loro CV (fissando un numero massimo di scuole, come avviene oggi per le domande di supplenza), sulla base dell’apertura di una procedura di manifestazione d’interesse da parte della scuola, che dovrà specificare gli obiettivi del suo Piano triennale. E’ evidente in ogni caso che, ove nei singoli istituti non si ricorra ad impegnative procedure di evidenza pubblica, il sistema si presterà a non pochi abusi: l’istituto della raccomandazione, finora quasi sconosciuto nelle singole scuole per effetto del vituperato meccanismo delle graduatorie, farà il suo sbarco trionfale anche in questo comparto per facilitare la chiamata alla scuola più vicina a casa o ritenuta più prestigiosa. Scompariranno le odierne graduatorie ed i presidi avranno un potere discrezionale di chiamata che rischierà di essere condizionato da molteplici pressioni.

Il terzo interrogativo (ma molti altri se ne potrebbero porre) riguarda i docenti che non verranno scelti dalle scuole. Che cosa faranno? Verranno assegnati d’ufficio? Ed i docenti ai quali il preside non rinnoverà il contratto triennale? Torneranno nel limbo degli elenchi territoriali?

Probabilmente ad alcuni di questi interrogativi si riuscirà a rispondere attraverso dei regolamenti (cui però il Ddl non fa cenno) oppure mediante i successivi decreti delegati, il cui tempo di attesa può arrivare però fino a 18 mesi. Nel frattempo però la scuola dovrà rispondere al nuovo modello organizzativo, dato che questo meccanismo scatta dal 2015/2016, a partire dal quale “il dirigente scolastico individua i docenti da destinare all’organico dell’autonomia, scegliendoli dai ruoli territoriali”.

Resta in ogni caso una osservazione di fondo: in un Paese nel quale l’assegnazione di un posto nel pubblico impiego, con annessi e connessi (comodità della sede di lavoro) costituisce uno dei maggiori fattori di corruzione, e nel quale le scuole erano riuscite finora a mantenersi sostanzialmente indenni da questo rischio, l’assegnazione ai dirigenti scolastici di un potere discrezionale a riguardo farà saltare anche quest’ultimo baluardo. Non ci si riferisce al solo clientelismo o familismo becero, ma anche, per esempio, a pressioni che potrebbero arrivare dal Comune dal quale la scuola attende un intervento di restauro. Per un preside non sarà facile resistere alla sollecitazione di un assessore che in cambio assicura la sistemazione della palestra. Nessuno ignora i limiti dell’attuale sistema delle graduatorie di anzianità, ma il meccanismo individuato dal Ddl rischia di creare problemi di gran lunga maggiori.

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Scuola democratica
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