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La battaglia delle bambine. Insieme contro la mafia

LA BATTAGLIA DELLE BAMBINE – INSIEME CONTRO LA MAFIA di S. Dolce

Recensione di Paola Benadusi Marzocca

Che cosa offre la vita in una città dove la mafia comanda? Paura, raccapriccio, desiderio di fuga. La mafia è ben presente ancora oggi nel

nostro Paese. Le persone che sono state uccise in passato e ai nostri giorni perché erano oneste sono tante, troppe. Simona Dolce nel suo

romanzo LA BATTAGLIA DELLE BAMBINE – INSIEME CONTRO LA MAFIA (Mondadori, Contemporanea, con le fotografie e un ricordo di

Letizia Battaglia, pp.222, € 16,00) racconta Palermo e la mafia immaginando la vita quotidiana di cinque ragazzine. Sono i volti delle

foto in bianco e nero di Letizia Battaglia, fotografa famosa in tutto il mondo contenuti nel testo.

Appare in queste pagine una Palermo affascinante nella sua inarrestabile decadenza: “Palermo, 29 agosto 1991″: “una città dove gli opposti

convivono uno di fianco all’altro. La bellezza e l’orrore. Spazzatura e bancherelle accanto alle sale affrescate con angeli sorridenti degli antichi

palazzi nobiliari.” Ma il centro storico è percorso in maniera ossessiva dalle auto della polizia e delle ambulanze. E’ stato ucciso un uomo con

quattro colpi di pistola, colpito alle spalle dai sicari: la televisione racconta che Libero Grassi ” era un uomo controcorrente, aveva

denunciato i suoi estortori. Aveva rifiutato di pagare il pizzo. “

Questo fatto di sangue colpisce e spaventa le protagoniste del romanzo che sono ancora troppo piccole per comprendere chiaramente quello che sta succedendo. E’ dai discorsi dei grandi, dei genitori, dalle fronti aggrottate o dall’atteggiamento arrogante di alcuni che cominciano a

capire. Il nonno di Agnese dinanzi al corpo dell’ucciso riverso nel sangue sul marciapiede non ha dubbi. Per lui Libero Grassi è un uomo

d’onore.”L’onore vero…di chi ha idee potenti e difficili da fermare.”

Una città in cui non si può vivere lavorando in pace: o paghi l’obolo ai mafiosi oppure subisci minacce, intimidazioni, “poi ti mettono le bombe.”

Uccidendo Libero Grassi “hanno ammazzato un’azienda e le centinaia di famiglie che ci lavorano.”

Diverso è il messaggio che arriva ad Aurora, anche lei undicenne, la più bella delle bambine con i suoi lunghi capelli biondi e i grandi occhi azzurri cangianti come il mare. Quello che sente dire dal papà e dai fratelli più grandi le crea disagio. “Suo padre ride e i suoi tre fratelli sorridono…” davanti alla tv che mostra il lenzuolo bianco sopra il corpo di Libero Grassi. “I sandali che escono fuori dal lenzuolo.” Le girano in testa tanti pensieri. Quando cammina per la strada suo padre, Zu Mimmo, tutti abbassano la testa e lo salutano con deferenza. Se vanno a fare spese non paga mai come se ogni cosa gli appartenga e poi sa che in casa sono nascoste delle pistole. “Qualche volta le fa paura. Sente tante cose sulla mafia, sente che i mafiosi sono feroci…”.

Marialuce è bruna, magra con lo sguardo spesso corrucciato. Vive in un bugigattolo a pianterreno così piccolo che lì dentro si respira a malapena e quindi la bambina non ci sta mai. Sta per strada a giocare con le sue amiche tutte insieme alleate contro la banda dei maschi, ragazzini della stessa età che forse anche per attirare la loro attenzione fanno dispetti tremendi lanciando loro addosso topi di fogna e altro. E Palermo è piena di topi e scarafaggi perché sporca, abbandonata a se stessa come la gente che la abita. Il giornale pubblica che a un neonato è stata rosicchiata la manina da un topo. Dopo circa vent’anni che cosa è cambiato a Palermo? Forse c’ è una maggiore consapevolezza che se non si estirpa la mafia come si fa con un’erba maligna non c’è  salvezza per chi ci vive. Ed anche che i problemi vanno affrontati con decisione e fermezza senza giustificare niente dinanzi a realtà inquietanti che vengono a volte confuse con la fatalità del male. Solo nelle fiabe la

forza dei poteri magici riesce infatti a sconfiggerlo piegando la fantasia a strumento di riscatto di una realtà devastante.

Scuola democratica
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