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La “Buona Scuola”: tra buona dirigenza e protagonismo docente

La “Buona Scuola”: tra buona dirigenza e protagonismo docente

di Antonio Valentino (ex dirigente scolastico)

Contributo in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione”

La buona scuola: le questioni nodali

Un merito del documento sulla “Buona Scuola” è aver messo al centro della riflessione, facendosene carico rispetto agli sviluppi, il problema di come ricreare un clima di fiducia intorno alla scuola e di uscire da una situazione che in tanti definiscono stagnante.

Rispetto a questa prospettiva, le questioni con un peso determinante sono, a mio avviso, soprattutto le seguenti:

  • la stabilizzazione del personale precario,
  • la questione docente, soprattutto sotto il versante della rimotivazione attraverso meccanismi volti a favorire e riconoscere (economicamente e non solo) aspetti importanti del loro lavoro ben fatto,
  • il problema della governance, con particolare attenzione alla figura del DS.

Focus sulla Dirigenza Scolastica

La presente riflessione si preoccuperà soprattutto di quest’ultimo versante dell’obiettivo “Ripartenza” e ne considererà gli intrecci con aspetti non secondari della questione docente, per come viene rappresentata nelle proposte governative.

Nel documento, l’argomento della Dirigenza è toccato in modo non sistematico, con richiami in punti diversi e piuttosto affrettati e con una visione complessiva che, seppure introduca elementi di novità, nell’insieme dà l’impressione di una non adeguata comprensione della sua rilevanza in questa operazione della “buona scuola”.

Provo a mettere in fila i passaggi del documento che riguardano il DS o riconducibili ai suoi campi di azione.

Passaggi raggruppabili sotto tre punti:

1. Le priorità rispetto alla missione in questa fase e le accentuazioni nel profilo

2. Gli strumenti (poteri, prerogative) aggiuntivi, previsti per il DS nel documento

3. Le condizioni per una operatività efficace.

Il DS “timoniere”?

Sul primo punto, si richiama, nella sezione 3, l’obiettivo indicato per il DS: “…mettere la scuola nelle condizioni di cambiare rotta”. Al riguardo si ricorre all’immagine del “timoniere” come figura essenziale. Cambiare rotta, invertire la tendenza. Quindi, se ne deduce: innovazione, ma anche qualificazione professionale e rimotivazione, che sono i due nervi scoperti del nostro sistema.

Nel testo, comunque, la dimensione pressocchè unica considerata è quella del DS promotore dello “sviluppo del progetto formativo”, “della didattica e della quali­ficazione dell’offerta forma­tiva”, attraverso “il coordinamento della progettazione edu­cativa”.

Un punto critico

Discorso assolutamente condivisibile. Ovvio. Il fatto che se ne parli in modo così insistito appare decisamente positivo.

Quello che non si capisce invece è l’assenza di riferimenti alla sempre crescente complessità del quadro in cui il DS è chiamato ad operare e quindi all’idea di buona scuola nella situazione problematica di oggi. Idea di scuola non come istituzione, in questo caso; ma come “comunità professionale” e assetto organizzativo (con riferimento ai suoi principi regolatori e alla “filosofia” di riferimento). Che rinvia conseguentemente al discorso delle “competenze” con cui il DS andrebbe “attrezzato”.

Questo limite viene fuori soprattutto quando si considerino le novità, per altri aspetti significative, presenti nel documento a proposito di “possibilità e nuove leve” per il DS.

Possibilità e nuove leve per il DS

È indubbiamente chiara nel documento la consapevolezza che occorra “attrezzare meglio il DS rispetto ai compiti in parte nuovi dell’attuale fase ” e che gli “va data la possibilità di organizzare meglio il lavoro all’interno della scuola, di guidare il piano di miglioramento…”, ecc. ecc. Né vanno d’altra parte sottovalutati alcuni altri passaggi in cui le previsioni di “leve” si fanno più esplicite. Proviamo a metterli in fila:

1. I dirigenti scolastici “potranno scegliere tra i do­centi coloro che coordinano le attività di innovazione didattica, la valutazione o l’orientamento e premiar­ne, anche economicamente, l’impegno…. “.

2. A tal fine, una percen­tuale del 10% delle ri­sorse del Fondo “sarà nella piena disponibi­lità del Dirigente, per remunera­re docenti per attività gestionali e di didattica di particolare rilie­vo per il Piano di miglioramento”.

3. Il dirigente scolastico, “consul­tati gli organi collegiali, potrà … chiamare nella sua scuola i docenti con un curri­culum coerente con le attività con cui intenda realizzare l’au­tonomia e la flessibilità del­la scuola…”.

Ben chiari dunque i cambiamenti previsti nei primi due punti.

Quello che qui si vuole osservare, in coerenza coi i ragionamenti fatti prima, è che i cambiamenti prospettati, potenzialmente utili in sé, diventano “possibilità”, e “leve” di segno positivo, solo se le nuove competenze si collocano dentro una visione che non solo faciliti la costruzione delle decisioni più opportune e valorizzi e premi i docenti più motivati e impegnati, ma che soprattutto preveda, in modo non retorico, quel protagonismo dei docenti, enfatizzato nel documento ministeriale. Protagonismo che nasce solo da condivisione e nuova motivazione; e senza del quale la nuova scuola non parte.

Voglio dire che queste nuove leve e possibilità per il DS, se utilizzate come strumento autoritario e vertistico del potere, passi in avanti non ne fanno fare, anzi.

Nuove leve e bilanciamento. Il protagonismo degli insegnanti

Per questo ritengo che vadano previsti provvedimenti che offrano garanzie circa un corretto uso di queste leve, spostando a livelli più alti la soluzione del problema. Penso, in proposito, alla opportunità-necessità di una cultura dirigenziale – da formare e/o sviluppare – in cui giochi un posto importante l’idea di leadership diffusa e della relazione positiva e collaborativa come obiettivo principale.

(D’altra parte è lo stesso documento ministeriale ad affermare che “La rinnovata definizione dei poteri e delle responsabilità del dirigente scolastico” vada “bilancia­ta da un nuovo protagonismo dei docenti ..”. )

Ma penso vada prioritariamente e urgentemente ripresa – e chiusa – l’annosa questione della valutazione del DS (prevista dal CCNL del ’99!). Valutazione che possa funzionare anche come elemento di contrasto nei confronti di comportamenti che non favorissero cooperazione e partecipazione.

Quindi, bene le misure, a condizione che si operi contestualmente perché i rischi vengano prevenuti e contrastati.

Se questa ottica ha un senso, penso, ad esempio, che va evitato di attribuire al DS la scelta delle figure di coordinamento dei Consigli di classe e interclasse e dei gruppi di dipartimento. Ma anche di tutte le commissioni e gruppi di lavoro in cui il livello di autonomia organizzativa dei partecipanti sia tale da rendere inopportuna una imposizione dall’alto di queste figure.

Come pure ritengo che andrebbe piuttosto messo l’accento, nella prospettiva delle buona scuola, sull’idea di scuola come comunità professionale o – come forse sarebbe meglio dire – rete di comunità di pratiche (le articolazioni del Collegio: consigli di classe, di dipartimento ecc.). Che è idea motrice in ogni processo di miglioramento – come è riconosciuto dalla ricerca internazionale più avanzata sulle strategie – che si avvalga del protagonismo dei docenti. Non però dei docenti come monadi – o immagini assimilabili –, ma dei docenti come team; come comunità di pratiche e di apprendimento, appunto. Questo perché, il protagonismo, in una istituzione come la scuola, ha senso e dà risultati solo se poggia sulla dimensione collettiva del lavoro e su forme estese di cooperazione (vs monadismo e autoreferenzialità).

Sulla terza misura prevista (la chiamata diretta), infine. Qui i ragionamenti sono più complicati, perché più complicata e problematica la materia.

Comunque ritengo che non sia allo stato attuale una priorità e che la questione – non certamente un tabù – andrebbe affrontata all’interno della più generale proposta dell’organico funzionale (a livello di scuola e di territorio). Dentro la quale potrebbe trovare risposte opportune.

Sul nodo della valutazione dei docenti (per gli scatti di competenza)

C’è ancora un punto delicato e fondamentale che va messo in primo piano, parlando delle nuove competenze e responsabilità del DS: quello riguardante il discorso dei crediti e dei soggetti che presiedono alla valutazione delle varie tipologie di attività, azioni, comportamenti, da prevedere e definire.

Valutazione da prevedere comunque come pratica agile e semplificata, cui attribuire possibilmente anche una dimensione formativa.

Sappiamo che il documento governativo attribuisce ai Comitati di valutazione interni alle scuole tale valutazione: sia per crediti attribuiti annualmente, sia quella definitiva, a conclusione del triennio.

Mi sembra che su questo aspetto si rilevi una incoerenza. Infatti, il documento, sebbene attento a riconoscere al DS quelle leve che gli permettano di incidere sui processi che producano miglioramenti, relega poi il DS ad una funzione marginale sulla valutazione dei docenti per il riconoscimento dei crediti. Questa marginalità contraddice anche uno dei tratti fondamentali della dirigenza: la responsabilità rispetto ai risultati.

Penso che in questa fase, se vogliamo che il ds possa funzionare come elemento propulsivo di una situazione che va messa in movimento, bisognerebbe pertanto prendere in considerazione l’ipotesi che la competenza valutativa per il riconoscimento dei crediti sia in capo al DS. Che si avvale ovviamente delle informazioni utili e fondate provenienti anche da altre fonti e che acquisisce obbligatoriamente le valutazioni “orientative” del previsto Comitato di scuola.

Ovviamente per questa eventuale opzione vale il discorso dei rischi che si è fatto a proposito delle nomine delle figure di coordinamento e collaborazione e del 10% del MOF utilizzabile dal DS.

Si tratta comunque di terreni delicati e scivolosi in cui il discorso dei rischi va affrontato senza improvvisazione e prevedendo garanzie su criteri, parametri e punti fermi.

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Scuola democratica
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