La Buona Scuola. Riapriamo la discussione ?
di Fiorella Farinelli (Esperta di sistemi scolastici e formativi)
in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola
Perché il piano straordinario di assunzioni si materializzi il prossimo 1 settembre, i lavori parlamentari dovrebbero essere velocissimi, non più di qualche settimana. Al grande fervore innovativo sul piano politico non si è infatti stati capaci di far corrispondere uno snellimento delle procedure amministrative (neanche, come pure era stato proposto, sospendendo per un anno i trasferimenti a domanda), e si sa che per espletare tutti i passaggi, anche in condizioni meno complicate, i motori vanno accesi non oltre marzo-aprile . Se non succederà, è previsto il ritorno all’idea iniziale del decreto ( più disegno di legge ), ma con una prima tranche di assunzioni probabilmente assai ridotta rispetto alle 101mila assunzioni promesse. Un flop che scatenerebbe altre tensioni, oltre a quelle connesse alle non sempre razionali esclusioni da una mega-stabilizzazione tanto enfatizzata. I 23mila iscritti GAE della scuola dell’infanzia, gli idonei del concorso 2012, i supplenti annuali di matematica e altre discipline iscritti nelle graduatorie di istituto, i 3mila diplomati magistrali ripescati fuori tempo massimo dal Consiglio di Stato, e tutti gli altri interessati all’assalto alla diligenza (i ricorsi, si sa, sono già in preparazione).
Il “ricatto” che oggi pende sul parlamento è frutto di circostanze fortuite o di un disegno politico ? E’ un fatto, comunque, che il testo contiene ben 14 deleghe al governo (sono 5 quelle della riforma del lavoro e 12 quelle della riforma della PA), su materie talora molto complesse, in qualche caso mai illuminate da dibattiti pubblici recenti e neppure sfiorate nel pur alluvionale flusso di slides e di incontri/eventi degli ultimi sei mesi. Presentate spesso, inoltre, con parole che è indispensabile precisare perché la delega non si riduca in un affidamento ad occhi chiusi di scelte molto rilevanti. Dalla creazione di un ruolo unico dei professori alla revisione degli indirizzi degli IPS correlata all’IeF. Dalla riforma delle abilitazioni, con l’introduzione delle lauree abilitanti, alle modalità di assunzione. Dal diritto allo studio alla revisione e flessibilizzazione delle classi di concorso. Dal riordino della governance degli istituti scolastici e degli OOCC alla riforma della normativa che attiene agli ambienti digitali per la didattica. Solo per l’istituzione di un sistema educativo integrato nella fascia d’età zero-sei, con l’attesa eliminazione del nido come servizio ” a domanda individuale”, si dispone nel parlamento e fuori di un dibattito maturo ( la proposta n.1260 è in parlamento dal gennaio 2014 ), ma anche qui ci sono indirizzi da adottare sul profilo educativo dei nuovi servizi, oltre che sulla copertura finanziaria e sui tempi di attuazione. Occorre osservare, inoltre, che visto che tra le materie della delega ce ne sono alcune di stretto interesse per la qualità delle scelte immediate, bisognerebbe evitare che le sfasature temporali (la delega va esercitata entro 18 mesi dall’approvazione) portino a sfasature politiche. E’ il caso dell’organico funzionale, che verrà definito nelle sue finalità e funzioni ben dopo la stabilizzazione di quel surplus di docenti destinato a farne parte: una contraddizione annunciata quando si decida un grande numero di assunzioni (+9,8% sull’organico attuale) senza aver scelto a che cosa devono servire (supplenze, nuovi insegnamenti, tempo pieno, apertura pomeridiana della scuola, eliminazione delle classi pollaio, laboratori linguistici per gli studenti stranieri, contrasto della dispersione, figure di staff, discipline opzionali nel triennio della secondaria superiore? Finora si è sentito un po’ di tutto.. ), e perfino senza poter scegliere prima di verificare gli effetti concreti dei processi messi in campo. Ma il problema c’è anche a proposito della spiccata implementazione dei poteri della dirigenza scolastica che dovrà, si spera, trovare criteri di riferimento e contrappesi nell’ambito della successiva riforma della governance e degli organi di istituto. C’è da augurarsi insomma che la pressione dei tempi e l’immancabile passione dei politici sui vizi delle sanatorie non inducano a superficialità o sottovalutazioni delle materie della delega.
Fuori da questo ambito ci sono poi punti caldi che obbligano alla massima attenzione. Il primo riguarda la carriera docente. Se il ridimensionamento del peso dell’anzianità è una scelta corretta, non si può ignorare che i 200 milioni per premiare il 5% degli insegnanti, pur salvando il principio del “merito”, sono una sostanziale archiviazione di una vera e propria carriera basata su passaggi permanenti basati su merito e impegno. Un’altra soluzione è impraticabile perché mancano le risorse (sacrificate, in piena continuità con una tradizione di cui non andare orgogliosi, sull’altare della priorità degli organici ) o perché manca la convinzione politica? Il secondo punto caldo è l’ampliamento dei poteri della dirigenza scolastica cui vengono affidati, oltre alla decisione dei “meritevoli” del premio di cui sopra, anche il potere di “chiamata diretta” degli insegnanti da un “albo professionale territoriale” in cui verranno progressivamente inclusi, dopo i neoassunti dell’organico funzionale, anche i prossimi vincitori di concorso e gli insegnanti in mobilità. Si tratta, con tutta evidenza, di un ribaltamento netto dei rapporti di potere nella scuola – e del rapporto stesso tra l’istituto scolastico e il suo personale – in cui si intravvedono, oltre a forti analogie con la proposta Aprea di qualche anno fa, anche l’adozione del modello di gestione degli istituti scolastici di tipo anglosassone. Con parecchie questioni da risolvere relative all’introduzione di criteri di riferimento per la gestione della premialità e di procedure trasparenti rispetto alla chiamata diretta con cui eliminare ogni rischio di arbitrio, clientelismo, corruzione ; alla costruzione, in una nuova governance degli istituti, di supporti e, insieme, di contrappesi a un potere altrimenti monocratico ; all’individuazione di dispositivi sensati ed efficaci di valutazione della dirigenza scolastica. Ma siamo certi, di preferire – pur in un rafforzamento della dirigenza scolastica coerente con un’autonomia che non resti scritta sulla carta – il modello anglosassone a quello scandinavo, in cui prevalgono la collaborazione e il controllo reciproco all’interno di un gruppo coeso e competente di professionisti dell’educazione ? La formazione della nostra attuale dirigenza scolastica, e il profilo stesso della nostra autonomia scolastica, tutt’altro che “autonoma” sul versante delle risorse economiche e su altri versanti, che cosa consiglia ? Il terzo punto caldo riguarda le detrazioni previste per il costo delle tariffe di iscrizione alle scuole paritarie: se dovrebbe essere pacifico, infatti, un incremento dei contributi economici nel caso delle scuole per l’infanzia – in cui l’offerta statale non copre l’intera domanda – non è discutibile il suo allargamento alle primarie e alle medie in cui il settore statale ha una copertura universalistica ? L’esclusione, d’altro canto, delle scuole paritarie nel settore della secondaria superiore, se – come sembra – è motivata dalle tante ombre sui “diplomifici” – suggerisce di rivedere non solo l’applicazione ma anche il quadro normativo del 2000. E’ opportuno, inoltre, un impegno economico piuttosto consistente a favore delle paritarie in una fase in cui le scuole statali sono costrette a chiedere contributi alle famiglie per poter sostenere spese anche minute di funzionamento degli istituti ?
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