La Buona scuola sulla cattiva strada
di Giorgio Allulli (esperto della Rete Europea sulla qualità dell’Istruzione e formazione professionale (EQAVET); già dirigente Isfol, Conferenza dei Rettori e Censis)
Contributo in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione”
La prima sensazione che si prova leggendo il documento governativo “La Buona Scuola” è positiva, perché come ricorda l’articolo della Direzione di Scuola Democratica, le parole chiave giuste ci sono tutte (qualità, merito, autonomia, ecc.) ed alcune proposte sono corroborate da una attenta ricognizione statistica, inusuale in questo tipo di documenti.
Tuttavia quando si va ad approfondire l’analisi emergono le prime crepe, non sugli obiettivi generali del documento, perché quelli restano condivisibili, ma sulle modalità di perseguirli. Ad esempio è proprio sicuro che l’immissione in ruolo dei 148.000 precari risponda ai criteri della qualità e del merito? Ed è proprio sicuro che in questo modo si possa risolvere una vota per tutte il nodo del precariato? E’ noto a tutti che la creazione di una Dotazione Organica Aggiuntiva ha senso per la scuola primaria, dove in effetti venne introdotta con discreti risultati, perché non esistono classi di concorso. Ma nella scuola secondaria, dove le classi di concorso esistono, e non sono solo una costruzione burocratica, chi assicura che un istituto possa far fronte alla necessità di una supplenza con il contingente a disposizione? E’ noto ad esempio che gli attuali contingenti di precariato vedono una consistente presenza di insegnanti di stenodattilografia e di francese, mentre mancano insegnanti di matematica. Se manca l’insegnante di matematica verranno inviati i primi a fare lezione? In questo caso la parola chiave “Qualità della scuola” comincerebbe ad essere messa seriamente in discussione.
Ma il problema più grosso è che alla prova dei fatti la credibilità di questo documento è stata messa subito in discussione da uno degli atti più significativi che deve compiere un Governo durante la sua vita, ovvero la definizione della legge di stabilità.
Come è ormai noto, nonostante la scuola sia stata indicata da Renzi come una priorità, anche il Ministero dell’Istruzione ha subito pesanti tagli, che hanno colpito proprio quelle componenti del sistema che servono a salvaguardare autonomia, qualità e merito. Colpisce ad esempio il taglio degli esoneri attribuiti ai collaboratori del preside, collaboratori che soprattutto dopo l’operazione di dimensionamento delle scuole (che ha creato istituti composti da numerosi plessi diversificati tra loro che raccolgono popolazioni di migliaia di studenti) svolgono invece un ruolo del tutto strategico per gestire e governare la scuola.
A rendere ancora più contraddittoria la strategia scolastica del Governo, il disegno di legge di stabilità abolisce le commissioni esterne agli esami di maturità per ritornare alle commissioni interne, rispolverando così un provvedimento già preso dal Ministro Moratti nel 2002 e successivamente abolito da Fioroni nel 2006, per oggettiva inadeguatezza assoluta; ovvero, come ha detto un’insegnante, perché chiunque ci avesse lavorato aveva potuto constatare, nel giro di pochissimo tempo, come quella soluzione fosse diventata una farsa indegna, umiliante dal punto di vista psicologico, e completamente fallimentare dal punto di vista didattico.
Il disegno di legge affida a ciascun consiglio di classe il compito di scegliere i suoi sei commissari, mentre il presidente di Commissione esterno dovrà gestire due classi, e dunque dovrà saltare da un tavolo all’altro, potendo evidentemente limitarsi a controllare solo gli aspetti formali della procedura.
Si tratta di un provvedimento che contraddice profondamente quanto scritto nel documento sulla Buona Scuola, che individuando come obiettivo strategico il rafforzamento dell’autonomia per le scuole afferma: “Non c’è vera autonomia senza responsabilità” e “Non c’è responsabilità senza valutazione” ed infine “Autonomia è il contrario di autoreferenzialità” (pagg. 63 e 64). In questa legge di stabilità l’autonomia non c’è (anzi viene indebolita dalla già citata abolizione degli esoneri per i collaboratori del Preside), ma in compenso è stata introdotta l’autoreferenzialità totale del percorso di valutazione degli alunni. E mentre la direttiva sul Sistema Nazionale di Valutazione disegna il quadro del sistema di valutazione, poggiato sull’incrocio tra autovalutazione e valutazione esterna, ne viene mancare il pilastro forse più significativo, rappresentato proprio dalla valutazione finale esterna della preparazione degli alunni.
Si tratta di una norma che disattende la regola fondamentale della certificazione, che richiede l’intervento di esaminatori esterni al momento dell’esame, e non considera le evidenze che emergono dalla ricerca e dalle indagini internazionali, come quelle condotte da OCSE Pisa, che indicano che autonomia delle scuole e verifica esterna dei risultati degli alunni devono camminare insieme, per produrre buoni risultati di apprendimento, ad evitare, dicono testualmente le ricerche condotte sui dati OCSE, “comportamenti opportunistici”.
E non ha senso giustificare questo provvedimento con le altissime percentuali di promozione dei candidati, perché non si vuole un sistema che debba per forza bocciare gli studenti ma si cerca di mantenere un elemento di regolazione per i docenti, che sanno che i loro standard di insegnamento saranno alla fine verificati da terzi. Ed inoltre se la media delle bocciature supera di poco l’1% bisogna anche considerare che in molte scuole non statali questa percentuale si alza considerevolmente; è forse questo che dà fastidio?
Per tutte queste ragioni è sembrato del tutto necessario opporsi a questa normativa, predisponendo una Petizione da presentare al Ministero dell’Istruzione ed agli altri soggetti politici più coinvolti nella preparazione di questa proposta, e che sarà anche inoltrata alle Commissioni Istruzione di Camera e Senato, perché ne tengano conto nel corso della discussione del disegno di legge:
http://www.change.org/p/ministero-dell-istruzione-mantenere-le-commissioni-esterne-agli-esami-di-maturità
La Petizione ha raccolto nel giro di 5 giorni oltre 3500 adesioni, provenienti da studiosi ed esperti di orientamento molto diverso, ma tutti accomunati dall’attenzione alla serietà ed alla dignità della scuola, sia pubblica che privata, perché anche le scuole paritarie hanno tutto l’interesse ad essere valutate seriamente per dimostrare che non sono solo dei diplomifici, e ad essa ha ufficialmente aderito l’Associazione Nazionale Presidi.
Non si tratta, come spesso succede, della solita raccolta di firme per difendere privilegi personali, interessi corporativi o attaccare avversari politici. Al contrario chi ha firmato e firma questa petizione, in grandissima parte insegnanti e presidi, lo fa per richiedere che i risultati del proprio lavoro con gli studenti al termine dei 5 anni di corso vengano verificati da altri colleghi, senza passare per scorciatoie o facili autoassoluzioni. Si tratta di una forte testimonianza di serietà e di etica professionale che proviene da una componente significativa del mondo della scuola. E questo non perché ritengano che il sistema attuale sia perfetto, ma perché se lo si vuole migliorare la strada da percorrere è diametralmente opposta a quella seguita dal Governo.