Orientamento integrato: qualche prima osservazione
di Giunio Luzzatto (esperto di organizzazione didattica dei sistemi universitari)
Il documento su “Orientamento integrato tra Scuola e Università”, approvato dal Consiglio Universitario Nazionale il 5 aprile scorso, merita la massima attenzione non solo da parte della Ministra cui è diretto (e alla quale compete compiere le azioni ivi suggerite), ma da parte dell’intero mondo educativo italiano. Parlo di “mondo educativo” nel suo insieme, poiché -giustamente- il documento ha nel termine “integrato” il suo filone portante. Con la diffusione che ad esso diamo, e con questo primo commento -nell’augurio che altri seguiranno- cerchiamo di contribuire a promuovere tale attenzione.
Il testo non si propone di indicare le scelte auspicabili per realizzare il miglior rapporto tra Scuola Secondaria e Università nel migliore dei mondi possibili. Esso si colloca invece nel concreto dell’assetto oggi esistente nel nostro Paese, individuando un progetto capace di raggiungere determinati obiettivi pur senza sconvolgere l’assetto stesso. Gli obiettivi sono ambiziosi, e richiedono perciò una strategia mirata e soprattutto organica: l’organicità è il principale elemento che caratterizza positivamente il progetto, accanto alla forte integrazione Scuola/Università, già richiamata. Viene cioè proposto un insieme di interventi diversi, ognuno dei quali ha una natura propria, ma risulta chiaramente che ogni intervento non va considerato per se stesso, bensì come tassello in un mosaico che deve essere costruito nella sua interezza: sarebbe infatti agevole individuare possibili criticità nell’uno o nell’altro intervento qualora esso venisse introdotto isolatamente.
La logica che sottende al progetto, implicita nell’intero sviluppo del documento (che non fa alcuna concessione alla retorica) e sinteticamente esplicitata al termine di esso, può ricondursi alla ricerca di una risposta alla semplice domanda: che cosa occorre fare per contrastare la dispersione e il prolungamento irregolare dei percorsi universitari non con palliativi o peggio con comportamenti “lassisti”, ma all’opposto con interventi che innalzino la qualità degli studi (per tutti, e non solo per gli “eccellenti”).
Giustamente, con riferimento a ognuna delle azioni progettate viene segnalato che occorre che su esse lo Stato investa. Aggiungerei che occorre che investano anche i singoli Atenei: se gli obiettivi indicati rientrano nella loro mission, devono trovare adeguato spazio nelle loro strategie istituzionali. Vi sono infatti le responsabilità ministeriali, ma vi sono anche quelle accademiche: l’impegno dei docenti in iniziative quali quelle qui prospettate deve essere pienamente considerato come parte dei loro compiti istituzionali (il che finora non è quasi mai avvenuto), e in termini ancora più generali le loro attività didattiche innovative devono essere adeguatamente valutate e considerate ai fini della carriera.
Al MIUR si deve anche richiedere un sistematico monitoraggio dell’attuazione, negli anni, di un progetto quale l’Orientamento integrato: troppe volte, in passato, sono state lanciate iniziative interessanti, rispetto alle quali non si era poi in grado, a distanza di tempo, di dar conto dei risultati. Al proposito, può avere un ruolo significativo l’ANVUR, poiché sembra ovvio che la valutazione degli interventi richiesti dal progetto dovrà rientrare nelle azioni delle Università che essa deve sottoporre al proprio esame.
Un’ultima riflessione. Come dicevamo all’inizio, in merito al rapporto tra Secondaria Superiore e Università il C.U.N. si è posto un obiettivo attuabile a breve: scelta opportuna, perché consentirebbe immediati rilevanti passi in avanti. Ciò peraltro non deve farci dimenticare che scelte politiche atte a intervenire istituzionalmente, e più a fondo, sul ricordato rapporto dovranno essere compiute, prima o poi (spero non troppo “poi”!): in particolare, ma non solo, superando l’assurda situazione (pressoché unica al mondo) che vede i giudizi conclusivi dell’intero ciclo precedente l’università irrilevanti ai fini dell’accesso all’università stessa. Quali che possano essere, in futuro, tali scelte, sembra ragionevole ipotizzare che l’intervento ora progettato potrà costituirne, in qualche modo, una anticipazione parziale, e che esso possa essere perciò ritenuto non una rinuncia minimalistica ad una prospettiva riformatrice più radicale, bensì un importante passo in tale direzione.
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