Per un insegnamento integrato di storia, geografia e scienze sociali
di Alessandro Cavalli (Presidente del Centro Studi e Ricerche sui Sistemi di Istruzione Superiore dell’Università di Pavia e del Comitato Scientifico dell’Istituto IARD)
Contributo in risposta all’articolo “Per avere una buona scuola ci vuole una buona discussione”
Nel 4° capitolo del Documento “La Buona Scuola” compare un’affermazione importante: l’economia deve essere una disciplina accessibile agli studenti di tutte le scuole di secondo grado. Finora, l’economia era ritenuta una disciplina di carattere quasi-professionale, infatti veniva e viene insegnata in pochi settori della scuola secondaria superiore (in particolare, ma non solo, negli Istituto Tecnici Commerciali). Viene riconosciuta così la valenza formativa dell’economia, ed anche del diritto. Questa soluzione, tuttavia, ci sembra, riduttiva. Non si tratta infatti di fornire degli strumenti affinché ognuno possa gestire razionalmente il proprio patrimonio (si accenna, non casualmente, all’”analfabetismo finanziario”), ma di dar corpo a quei “saperi minimi” che sono indispensabili per l’esercizio intelligente e critico dei diritti di cittadinanza. A questi “saperi minimi” appartengono certamente alcuni fondamentali acquisizioni dell’economia, soprattutto dell’economia che si occupa della finanza pubblica, ma anche del diritto, dell’antropologia, della sociologia e della scienza politica. In molti paesi sono previsti (con denominazioni molto varie) insegnamenti di questo tipo, non centrati su un’unica o su poche discipline, ma coordinati in un’area tematica che si potrebbe chiamare della storia, della geografia e delle scienze umane. Piuttosto quindi che inserire singole discipline (come le attuali Economia e Diritto) bisognerebbe progettare forme, anche sufficientemente flessibili, di accorpamenti disciplinari, sul modello di una proposta avanzata 40 anni fa dal Consiglio Italiano per le Scienze Sociali.