Riaprire una discussione sulle finalità strategiche dell’istruzione per gli adulti. Proposte della Rete piemontese dei CPIA
Il tema del documento (per scaricare il file clicca QUI) prodotto dalla Rete piemontese dei CPIA è ciò che dovrebbe esser fatto in termini di attuazione dei “percorsi relativi al secondo periodo del primo livello” – e che invece non è al momento praticabile soprattutto per responsabilità del MIUR.
Certo il burocratese della norma non aiuta la comprensione, ma si tratta della novità più importante rispetto ai vecchi CTP, quella che, se venisse esplicitamente sollecitata e resa attuabile, dovrebbe sviluppare un’offerta formativa capace di intercettare i bisogni di istruzione e formazione dell’ampia parte di popolazione adulta, soprattutto dei “giovani adulti”, che in Italia è priva di diplomi e di qualifiche professionali. Un deficit grave, e gravido di effetti negativi, per i diretti interessati e per lo sviluppo civile ed economico del paese.
I numeri che danno conto della dimensione del problema sono noti. E noto è anche che essi collocano l’Italia nei livelli più bassi della classifica OCSE-PIAC ( Programme International for Assessment Adult Competences) dei 28 paesi più industrializzati. Da noi il 50% della popolazione 16-65 anni non ha un diploma, e neppure una qualificazione professionale di tipo formale; i diplomati sono solo il 37%; i soggetti con istruzione terziaria il 13% , a fronte di valori medi OCSE-PIAC rispettivamente del 27%, del 43%, del 29%. Non solo, in Italia solo il 24% degli adulti partecipa ad attività di studio, contro il 56% della media. Contemporaneamente, se i CPIA sono scuole diventate di fatto solo per stranieri in quanto incentrate quasi esclusivamente sull’alfabetizzazione in italiano lingua2 e su corsi per la licenza media1, i corsi serali per adulti degli istituti tecnici e professionali, a 40 anni dall’ istituzione, continuano per le caratteristiche organizzative, culturali e didattiche tuttora prevalenti (e per la loro scarsissima integrazione con la formazione professionale: la cultura, si sa, non ha granché a che fare con il lavoro ) ad avere pochissimi iscritti – non più di 60mila studenti l’anno sgranati sulle cinque classi – e tassi di abbandono scandalosamente alti.
In questo quadro, i “percorsi relativi al secondo periodo del primo livello” previsti dalla normativa dovrebbero “potenziare negli adulti le competenze di base connesse all’alfabetizzazione funzionale”2, assicurando cioè a chi ha soltanto il titolo di scuola media l’acquisizione di ciò che è previsto alla conclusione dell’ultimo biennio dell’obbligo di istruzione. Attraverso il conseguimento di crediti modulari certificati e capitalizzabili nonché la certificazione delle competenze eventualmente acquisite per via non formale ; l’orientamento ; l’accompagnamento a percorsi integrati in verticale con i corsi serali e in orizzontale con la formazione professionale. L’obiettivo è chiaro, e sensatissimo. Si tratta di predisporre un’ offerta formativa flessibile, accorciabile rispetto alla durata ordinaria dei curricoli, mista di formazione in aula e di autoformazione, capace di procedere per gradi e di valorizzare quello che già si è appreso, dotata di strumentazioni didattiche adatte all’apprendimento in età adulta, che renda sostenibili e che motivi, anche con rapporti ravvicinati con il mondo del lavoro, il rientro in percorsi di studio finalizzati ai diplomi o alle qualifiche. Il nodo decisivo, si sa, dell’educazione degli adulti. “La gente, scriveva nel 2000 il Memorandum europeo sull’istruzione e la formazione permanente, non vorrà riprendere gli studi se non avrà accesso a possibilità adeguate di formazione a causa di problemi di orari, ritmi, luogo, costi”. Per l’apprendimento lungo tutto il corso della vita occorrono opportunità formative diverse da quelle previste per la prima formazione degli studenti a tempo pieno. C’è tutta una letteratura scientifica internazionale e nazionale che spiega i come e i perché. E ci sono state, anche in Italia e anche ai tempi dei CTP, esperienze importanti e di successo.
Tra queste, l’esperienza di alcuni CTP piemontesi che qualcosa di molto simile lo hanno già realizzato, in anni non lontani, con il programma sperimentale POLIS, basato sull’integrazione tra scuole per adulti, corsi serali, formazione professionale, nel quadro di accordi e collaborazioni tra Regione, Amministrazione scolastica, imprese, associazionismo sociale. I numeri annuali delle iscrizioni di giovani adulti italiani e stranieri erano piuttosto consistenti, e buono il rapporto tra iscritti e diplomati/qualificati, ma l’esperienza pluriennale di POLIS venne poi chiusa quando vennero a mancare le risorse economiche – e l’intenzionalità politica – che la tenevano in vita. Perciò ora, a conclusione del primo anno di attuazione a regime del nuovo Regolamento dell’istruzione per gli adulti, i CPIA piemontesi sono in grado, prima di altre realtà territoriali, di delineare una proposta di lavoro specifica che recuperi e sviluppi l’ispirazione di POLIS e che sia attuabile anche a livello nazionale. Ripercorrendo, da un lato, un nuovo ordinamento che in teoria sottrae ai limiti della sperimentalità le iniziative di integrazione verticale tra CPIA e istituti con corsi serali e di integrazione orizzontale tra scuole e formazione professionale. Ma evidenziando anche le difficoltà di attuazione derivanti dalle contrarietà di un MIUR che, venendo meno a quanto previsto all’articolo 9 comma 2 del DPR 263/2012 ,non ha assegnato ai CPIA l’organico funzionale necessario a tale integrazione, cioè i 4 docenti – per ciascuno degli assi formativi previsti dalla norma – di scuola secondaria di secondo grado. Docenti di classi di concorso e specificità disciplinari indispensabili a coprire, insieme alla dotazione dei docenti del primo ciclo, la gamma delle competenze necessarie a “traghettare ” gli studenti verso l’istruzione/formazione di livello secondario. l motivi della contrarietà del MIUR all’attuazione della norma, tanti e di diversa natura, appartengono nel loro insieme alla singolare disattenzione, non solo degli ultimissimi anni, della politica scolastica e della burocrazia ministeriale ai temi dell’apprendimento permanente. Di cui ci sono non poche prove, tra cui l’inspiegabile non inclusione dell’offerta formativa degli allora CTP tra le opportunità utilizzabili nel programma europeo “Garanzia Giovani”. Per non parlare della sottovalutazione di un tema così importante nel testo della Buona Scuola, che si limita a prevedere un monitoraggio triennale della attuazione del nuovo Regolamento dei CPIA da parte di INDIRE. Non è di questo, tuttavia, che si discute nel documento dei CPIA del Piemonte, e neppure del contrasto pur evidente tra il rifiuto di attribuire ai Centri un organico funzionale pur previsto dall’ordinamento e l’alluvionale immissione in ruolo di decine di migliaia di insegnanti per funzioni incerte o impossibili determinata dalla legge 107/2015. L’obiettivo è un altro. Riaprire una discussione sulle finalità strategiche dell’istruzione per gli adulti. Restituire ai CPIA compiti più larghi di quelli, pure essenziali e meritori, relativi all’alfabetizzazione linguistica e all’istruzione di base degli immigrati stranieri. Disegnare i contorni e i contenuti di una nuova progettualità formativa e didattica. Ridiscutere con l’Amministrazione scolastica nazionale e periferica le condizioni e le risorse per l’attuazione piena del nuovo ordinamento dell’istruzione degli adulti. Ce n’è un gran bisogno.