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Un Disegno di Legge per far rinascere l’autonomia scolastica

Un Disegno di Legge per far rinascere l’autonomia scolastica

di Loredana Leoni (dirigente scolastica)

in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola

Un Disegno di Legge per far rinascere l’autonomia scolastica. Questo potrebbe essere il titolo del processo avviato dalla Buona Scuola e che approderà nei prossimi giorni alla Camera. Un Disegno di Legge che si presenta abbastanza diverso dal documento di partenza: all’inizio sembrava ruotare tutto intorno alle assunzioni, con l’obiettivo di eliminare le Graduatorie a Esaurimento; erano presenti molte prescrizioni, ancora provenienti dal centro, con aggiunte di insegnamenti e discipline, in particolare nella scuola secondaria di secondo grado che vedeva aumentate anche le ore per gli studenti; molti aspetti erano, al di là degli slogan, piuttosto burocratizzati. Un documento ministeriale.

Il Disegno di Legge ribalta decisamente l’approccio: saranno le scuole a dover definire i loro fabbisogni in un piano triennale. Fabbisogno determinato da risorse materiali e professionali per la realizzazione di progetti differenti e coerenti con il contesto in cui sono collocate. Un organico costituito da tutti i docenti dell’Istituto scolastico, sia dai docenti su posti comuni e di sostegno che di potenziamento, funzionale alle esigenze organizzative e progettuali delle scuole stesse. Si è così risolto il dubbio presente nel documento iniziale, dove sembrava che funzionale fosse solo l’organico aggiuntivo, con una serie di conseguenze vincolanti e non coerenti con l’autonomia scolastica. L’organico dell’autonomia consentirà finalmente di avere l’organico funzionale di cui si parla da quando nacque l’autonomia scolastica, irrealizzabile nei tempi dei tagli lineari effettuati da Gelmini-Tremonti che sono costati alla scuola 130 mila docenti e 8 miliardi di euro. Sappiamo che non è automatico il nesso tra risultati e investimenti, ma è evidente che una così drastica diminuzione delle risorse non poteva non avere ricadute sull’offerta formativa. Un’offerta formativa che potrà ora ripartire dalle richieste delle scuole per definire se chiedere docenti in più per ampliare il tempo pieno, oppure per intervenire sulla musica; richiedere, nella secondaria, docenti di matematica e scienze per compensare risultati insufficienti o, al contrario, per incentivare le eccellenze e l’orientamento; ricavare ore per le attività organizzative dei docenti impegnati nel lavoro di staff e per aprire le scuole al territorio al di fuori dell’orario scolastico. Su questa partita di gioca molto della capacità delle scuole e dei dirigenti scolastici di elaborare proposte per rispondere alle esigenze del contesto e di utilizzarne le risorse.

L’individuazione dei docenti che servono alle scuole, come previsto nel Disegno di Legge, è fondamentale anche perchè consente quell’opzionalità, legata alla flessibilità delle scelte degli studenti, che è prevista da molto tempo, ma che non si è mai potuta fare per la rigidità di un organico strettamente suddiviso in posti e cattedre, senza alcuna possibilità di intervenire sull’assegnazione, regolata solo sul numero delle classi.

Per realizzare molto di quanto si prefigura nel disegno di legge, non solo nei primi 20 articoli, ma anche nelle deleghe definite all’art. 21, viene disegnata una dirigenza scolastica che deve esser più autorevole e più responsabile. I giornali e qualche sindacato stanno ironizzando sul preside-sceriffo. Ma aver riconosciuto il ruolo strategico del dirigente scolastico, significa aver considerato che chi deve rendere conto e rispondere dei risultati deve avere alcune leve per poter decidere davvero. Le ricerche internazionali ci dicono che il ruolo dirigenziale incide in modo importante sui risultati degli alunni, soprattutto se può decidere quale personale assumere, a chi riconoscere una parte aggiuntiva dello stipendio, a chi assegnare ruoli per la carriera.

Nel Disegno di Legge la scelta dei docenti, tra quelli che, già assunti, saranno inseriti negli albi territoriali, non è certo la chiamata diretta di cui si paventa. Potrebbe diventare uno strumento utile se si potesse basare sul confronto di curriculum e di competenze professionali, per iniziare a far passare l’idea che i docenti, ma anche i dirigenti, non sono tutti uguali e che per insegnare in una certa scuola non è sufficiente trovare il posto libero. Perché insegnare in un liceo del centro non è la stessa cosa che lavorare in un professionale: diversa e più complessa per chi è docente in quest’ultimo. Si potrebbe infatti prevedere che non siano solo i dirigenti a scegliere, ma anche i docenti potrebbero indicare le loro preferenze sulla base delle loro attitudini. È il caso di ripeterlo: ci vogliono competenze diverse per lavorare in contesti scolastici specifici. Questo vale per i docenti e vale ancora di più per i dirigenti scolastici.

Altro punto sensibile è sicuramente quello della valutazione e della carriera dei docenti. La soluzione trovata è lasciare inalterata la modalità prevista per gli scatti di anzianità, anche in considerazione del livello di retribuzione degli insegnanti italiani. Sarà invece il dirigente scolastico ad avere la responsabilità di individuare criteri coerenti per la distribuzione di incentivi per riconoscere impegni aggiuntivi, attività specifiche, risultati particolari. E anche su questo si sono riversate critiche feroci. Sembra fare scandalo ciò che si fa in tutte le imprese, pubbliche e private, dove è sempre il diretto superiore a stabilire chi e quanto riceverà un bonus economico per il proprio lavoro. Certo, siamo partiti da una ipotesi molto strutturata, con l’indicazione degli ambiti da valutare, i crediti didattici, professionali e formativi, un nucleo di valutazione, con la presenza di un esterno. Siamo arrivati in un campo aperto, in cui il dirigente, da solo e senza alcun criterio definito centralmente, decide chi merita. Sembra davvero di iniziare a fare tuffi dalla piattaforma senza aver provato il trampolino. Ma è anche vero che alzare il tiro a volte può evitare di impantanarsi in discussione sulle micro procedure ed è abbastanza preoccupante questa sfiducia nei confronti dei dirigenti scolastici. Se sono così poco affidabili – Francesco Merlo li ha paragonati a Schettino (!) – non si capisce perché non si trovino strade diverse per la loro individuazione. È in discussione un nuovo modo per assumerli, il corso-concorso nazionale gestito dalla Scuola Nazionale di Amministrazione, che a questo punto andrebbe rivisto. Così come dovrà essere finalmente realizzata la valutazione dei dirigenti scolastici, che non dovrà essere solo formale, cartacea e di fatto autovalutativa. Per questo è indispensabile che siano presenti sul territorio quegli ispettori che rappresentano una delle gambe del sistema valutativo: per garantire alle scuole il massimo dell’autonomia ma controllare il raggiungimento dei risultati, a garanzia del sistema nazionale e della libertà di insegnamento dei docenti. Ma il vero bilanciamento del “potere” del dirigente va individuato in nuova governance e soprattutto il riconoscimento del ruolo degli stakeholder, ai quali spetta la definizione di indirizzi precisi e che devono poter esprimere un parere sulla qualità del progetto dell’istituto.

Scuola democratica
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