I problemi che noi insegnanti rileviamo non sembrano derivare da un ordinamento di studi antiquato o inadeguato (anzi, nel confronto con sistemi educativi stranieri, si è portati a rivalutare sempre più la vitalità dell’indirizzo classico), dalla mancanza di rapporto con la realtà attuale o di innovazione tecnologica. Tutto il complesso edificio finora descritto, che è il risultato della difficile conciliazione tra una didattica quotidiana che tende a mantenere la serietà e il rigore dell’insegnamento classico, con i molteplici ampliamenti progettuali indicati, si regge unicamente sulle spalle generose dei singoli, insegnanti e dirigenti in primo luogo. Inutile dire che là dove prevale l’impegno, la responsabilità, l’onestà, una visione umana ed equilibrata, là dove si creano sinergie positive di gruppi di docenti che collaborano in vista del bene comune, degli studenti, primi e assoluti destinatari di ogni attività scolastica, tutto immancabilmente fiorisce. Quando tutto questo manca e prevale, invece, il gretto disinteresse, la sfiducia nelle istituzioni, una scarsa attenzione agli studenti, una preparazione scadente e mai aggiornata, la scuola, come la società, si corrompe, deperisce e lentamente muore. Il buono che c’è nella scuola si sostiene su forze e iniziative spontanee, volontarie, sottopagate, di docenti che svolgono il loro ruolo ben oltre l’orario stabilito e gli obblighi di lavoro fissati dalle norme, in corrispondenza di un riconoscimento quasi nullo sul piano sociale ed economico. A risolvere questi problemi forse non basterebbe una riforma e, d’altra parte, la tendenza delle ultime è stata quella di mortificare ulteriormente gli insegnanti sia sul piano retributivo, sia su quello più specifico della propria funzione: pensiamo alla frammentazione delle cattedre nel liceo classico, attuata con evidente disprezzo delle conseguenze didattiche, al solo scopo di realizzare un risparmio statale irrilevante, ottenuto con il taglio di qualche stipendio e molti disagi per gli studenti. Pensare e agire per il rinnovamento è sempre doveroso e possibile, ma solo dall’interno possono nascere proposte misurate, utili a migliorare la scuola. Alla luce di queste ed altre ragioni, a molti di noi sembra che mettere sotto accusa il liceo classico sia solo un modo per distogliere l’attenzione da questioni sostanziali, che riguardano la scuola e la società italiana in generale.
L’apprezzamento per la cultura classica, espresso nel corso dei convegni, non può essere proclamato astrattamente, senza considerare che, per essere mantenuta viva, la cultura ha bisogno di luoghi in cui essere coltivata e trasmessa. Se si riconosce ad essa un valore formativo, non si può disconoscere la funzione di istituzioni educative dotate di uno specifico percorso di studi, basato su un certo metodo e ineludibili scelte disciplinari, senza le quali la formazione classica non sarebbe altro che un vago e approssimativo riferimento nostalgico, in questo caso sì, davvero fumoso e inutile.
Quello che ci sentiamo ancora di difendere non è un valore astratto e inconsistente, al contrario, noi lo vediamo manifestarsi, anno dopo anno, in modo vivo e concreto, nell’incredibile metamorfosi che lo studente compie (anche il meno brillante e studioso) a contatto con il fecondissimo mondo del sapere, e più ancora attraverso l’esercizio faticoso, la concentrazione e la disciplina mentale, che quotidianamente lo forgia ed affina. La formazione classica non consiste in qualche contenuto riducibile a favolette o aneddoti, con tale banalizzazione non si ottiene la diffusione della cultura classica, ma la sua distruzione. D’altra parte, lo studio di qualunque disciplina, anche scientifica, può essere praticato in modo superficiale, meccanico e ripetitivo, dunque non avere alcun risultato veramente formativo. La verifica delle competenze, di cui tanto si parla, è di fatto attuata ogni qual volta vediamo i nostri studenti interagire con i vari fenomeni del mondo attuale e utilizzare con disinvoltura il loro complesso bagaglio culturale nel corso di viaggi, nei progetti, negli scambi internazionali, o quando li osserviamo, da lontano, percorrere con successo ogni tipo di studio universitario, in tutte le parti d’Europa o del mondo.
Quello che ci sentiamo di difendere ha effetti tanto profondi e duraturi, che sembra quasi riduttivo definirlo in termini di apertura mentale, analisi critica, ragionamento logico, formazione umana e civile, senso estetico e morale… In realtà, nessun termine può racchiudere in sé quello che una valida e ricca formazione culturale può produrre sull’essere umano. La preparazione liceale costituisce una base preziosa e multiforme, percepita dall’esterno e dagli stessi studenti come un patrimonio che miracolosamente comincia a rivelarsi e a dar frutti, al di là di ogni calcolo e aspettativa, ben oltre la fine della scuola. Non si vuole, con questo, riaffermare ostinatamente l’eterno primato del classico, formare persone è un obiettivo arduo e delicato, forse non del tutto riconducibile all’uno o all’altro percorso di studio, ma di certo l’eliminazione di una delle vie educative possibili, il liceo classico, sarebbe un sicuro impoverimento.